Firenze Capitale: i teatri |
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Negli ultimi anni di governo dei granduchi lorenesi, Firenze vantava nove teatri pubblici più una numerosa serie di sale private, confermando il ruolo e l'importanza che al tempo avevano gli spettacoli pubblici e i teatri in particolare. Da luoghi di socializzazione e d'incontro (dove conversare, mangiare e testimoniare il proprio status sociale), questi erano infatti oramai diventati non solo luoghi di divertimento e spensieratezza, ma anche di formazione culturale, che non poco avrebbero contribuito a confermare nella borghesia liberale i valori della giovane nazione italiana. Così, ad esempio, al teatro Pagliano (poi teatro Verdi), poco dopo la pacifica insurrezione dell'aprile del 1859 che aveva portato alla fuga dell'ultimo granduca, si era esibita un'accademia vocale e strumentale per contribuire all'acquisto di fucili per Garibaldi, e l'anno seguente, nel 1860, si era tenuto un ballo per la raccolta di fondi a favore dei bersaglieri bresciani. L'itinerario ripropone i luoghi dove esistevano (e in parte ancora esistono) questi teatri e queste sale, in vari casi nati dalla ristrutturazione di ambienti già attivi dalla seconda metà del Seicento (si pensi al teatro del Cocomero poi Niccolini e al teatro della Pergola), in parte frutto degli investimenti degli imprenditori e impresari ottocenteschi, come appunto testimoniano il teatro e l'arena Goldoni, il Politeama Fiorentino (teatro Comunale) e il già citato teatro Pagliano. Detto questo si tenga presente come l'itinerario (che comprende ben diciassette punti d'interesse) non possa prescindere da alcuni chiarimenti, ad evitare che si identifichi la Firenze di quegli anni in una città dove era sempre e comunque possibile assistere a spettacoli. Innanzi tutto vale la pena ricordare come ogni teatro si distinguesse, oltre che per il carattere del proprio cartellone (prosa, melodramma, opera e via dicendo), per la tipologia del pubblico, a conferma di come la frequentazione di questi luoghi fosse, come accennato, un rito sociale prima ancora che un esigenza culturale. Così, se il teatro della Pergola continuò ad essere il riferimento per la nobiltà e la classe dirigente (non a caso a lungo mantenne proprio la denominazione di teatro dei Nobili), i teatri della Piazza Vecchia, la Quarconia e il Rossini avevano carattere popolare e ospitavano per lo più recite di Stenterello, la maschera fiorentina inventata da Luigi Del Buono. Per comprenderne meglio il carattere si legga, ad esempio, quanto riferisce Giuseppe Conti nel suo 'Firenze Vecchia' (1889) in merito al teatro della Piazza Vecchia: "... era talmente piccolo, che pareva un casotto da burattini; era costruito quasi tutto di legname, e parecchio più sudicio degli altri due. Si diceva degli Arrischiati, quasi per definire che era un bel rischio l'entrarvi. Sulla porta, per spiegare tale arguta e profonda definizione, c'era uno stemma con una trappola con dentro un topo che faceva di tutto per scappare, nonostante che un gatto fosse lì pronto ad agguantarlo se gli riusciva". In questo contesto anche il modo di giungere a teatro e i posti occupati all'interno della sala assumevano un particolare significato. In effetti, "più il pubblico si faceva eterogeneo, più si avvertiva l'esigenza di evidenziare le differenze di classe: diverso era l'abbigliamento, diversa la collocazione del pubblico nei vari ordini di posti... La corte e la nobiltà arrivavano a teatro in carrozza e si sistemavano nei palchi; la borghesia spesso raggiungeva il teatro a piedi e si sedeva in platea; al popolo, nei casi in cui era ammesso, era riservata la galleria" (dall'itinerario 'Cultura e tempo libero nella Firenze dell'Ottocento' presente nel sito dell'Archivio Storico del Comune di Firenze, di sicuro interesse per integrare le notizie qui proposte). Per quanto riguarda l'apertura dei teatri è poi da ricordare come nel corso del tempo fossero state emanate precise disposizioni per evitare l'apertura in contemporanea di troppe sale, per controllare i contenuti delle rappresentazioni (già nel 1853 Leopoldo II di Lorena aveva istituito una Censura centrale che doveva valutare e quindi concedere specifica autorizzazione per ogni messa in scena), in altri termini per soprintendere a che quelli che erano nati come spazi ricreativi si trasformassero in luoghi di malcostume o, ancor peggio, di ritrovo di facinorosi avversi all'ordine costituito. Facendo esclusione per il periodo di Carnevale quando le rigide maglie delle disposizioni venivano non poco allargate, il sistema era così attentamente regolamentato e controllato. In conclusione alcune precisazioni sui luoghi proposti, per la loro diversa natura e origine. Oltre ai teatri storici (il teatro del Cocomero poi Niccolini di via Ricasoli e ovviamente il teatro della Pergola) e alle nuove sale aperte nella prima metà dell'Ottocento (prime tra tutte il teatro Comunale di Corso Italia e il teatro Pagliano poi Verdi di via Ghibellina), l'itinerario propone alcuni teatri, per lo più di modeste dimensioni, nati e gestiti da accademie di drammaturgia, oggi scomparsi ma censiti nel Repertorio nell'ambito della storia del palazzo che un tempo gli ospitava: questo vale per il teatro dell'Accademia (già dei Concordi, in corso dei Tintori), il teatro Rossini o d'Ognissanti (ora inglobato nel palazzo della Chiesa Evangelica Battista di borgo d'Ognissanti), il teatro della Piazza Vecchia (si veda al palazzo Carrega Bertolini di piazza dell'Unità Italiana), il teatro Nuovo (già teatro degli Intrepidi in via Maurizio Bufalini), il teatro dei Fidenti (poi teatro Brendel in via Ghibellina, ora utilizzato come studio di architettura ma ancora esistente nelle sue strutture fondamentali), e altri ancora. L'itinerario comprende inoltre due 'arene': l'arena Goldoni di via de' Serragli e l'arena Nazionale dell'omonima via (dove poi sarebbe sorto il teatro Apollo), nelle quali la rappresentazione era un elementi accessorio di spazi che essenzialmente si caratterizzavano per essere forniti di sale da conversazione e ristoro, sale da gioco e via dicendo. L'itinerario comprende inoltre un riferimento al villino Uzielli di piazza Massimo d'Azeglio, a ricordare come in quel luogo fosse sorto, assieme alla piazza e al quartiere della Mattonaia, il teatro principe Umberto, pensato per determinare un importante luogo ricreativo in una delle nuove zone della città, ma del tutto distrutto da un incendio nel 1889. ...chiudi approfondimento |
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