Quartiere |
San Giovanni |
Ubicazione |
Via San Gallo 18- 20 |
Denominazione |
Palazzo del Comando Militare per il Territorio dell'Esercito |
Altre denominazioni |
Convento di Santa Caterina da Siena, Conservatorio delle Arti e dei Mestieri, palazzo di Santa Caterina, palazzo del Comiliter |
Affacci |
via degli Arazzieri 1- 3, piazza San Marco, via Camillo Cavour 49 |
Proprietà |
demanio dello Stato (bene in uso alla P.A. Centrale). |
Architetti - Ingegneri |
Del Rosso Giuseppe, Falcini Mariano, Castellazzi Giovanni. |
Pittori - Scultori - Decoratori |
Cavallini Giovanni, Ramella Bernardo, Aliberti Enrico. |
Uomini illustri |
Targioni Tozzetti Giovanni, Baldissera Antonio. |
Note storiche |
Era qui in origine un convento domenicano intitolato a Santa Caterina da Siena, fondato da Camilla Bartolini Davanzati e consacrato nel 1506, quindi ampliato e abbellito con il contributo di molte illustri famiglie fiorentine nei secoli successivi. Nel 1808, a seguito delle soppressioni napoleoniche, la fabbrica fu adattata dall'architetto Giuseppe Del Rosso a Conservatorio delle Arti e dei Mestieri: negli anni successivi trovarono qui spazio l'archivio, la biblioteca e la collezione di antichità dell'Accademia di Belle Arti, una collezione di minerali raccolta da Giovanni Targioni Tozzetti e, nel 1831, la collezione egizia granducale (comprensiva delle opere raccolte durante la spedizione franco toscana del 1828-1829). Interessato da un progetto steso dall'architetto Mariano Falcini che lo aveva immaginato adattato a seminario Arcivescovile, l'edificio fu in realtà nel 1853 adibito a caserma della Gendarmeria, quindi nuovamente interessato da interventi in occasione del trasferimento a Firenze della Capitale d'Italia, nel 1865, essendo stato individuato per ospitare il Ministero della Guerra (la cui sede provvisoria, vista la complessità dei lavori di adattamento, fu l'attuale palazzo del Rettorato dell'Università degli Studi, si veda a piazza di San Marco 4). Tale nuova e importante destinazione comportò la soprelevazione di un piano e la distruzione dell'antica chiesa conventuale posizionata su via degli Arazzieri, il tutto al fine di adeguare e ampliare gli spazi disponibili e, per gli ambienti di rappresentanza, di adattarli al gusto del tempo (Carla Romby e Sodini 2018 segnalano interventi del pittore Giovanni Cavallini, stucchi di Bernardo Ramella e decorazioni di Enrico Aliberti). Fu quindi in questa occasione che, ad eccezione del cortile, la fabbrica perse i caratteri propri dell'originaria struttura religiosa, anche perché, per allargare via degli Arazzieri, si rese necessario abbattere interamente l'antico fronte su questo lato, poi ricostruito su progetto dell'architetto Giovanni Castellazzi, tenente colonnello del Genio. Allo stesso era d'altra parte chiaro di aver trasformato radicalmente e quindi snaturata l'antica struttura, così come di avere "fatto sacrifizio di ogni senso artistico": non stupiscono quindi le aspre critiche che accompagnarono la realizzazione, ben sintetizzate da un articolo de "La Nazione" del primo settembre 1866: "La Piazza S. Marco, come se avesse bisogno di un'altra deturpazione, ha veduto crescere il casone del Ministero della Guerra. Le cento finestre dettero il nome di una casa signorile fiorentina. Le mille finestre del nuovo palazzo, il colore giallo-rosso e la bassissima porta si contendono l'onore di dare il nome al nuovo palazzo che il pubblico ha già cominciato a battezzare col nome di palazzo della porta nana". In particolare dispiacque, oltre alla forma, il colore conferito alle facciate, mantenuto fino al 1913 e al quale si riferiva l'altro nome che in quegli anni divenne il più diffuso: palazzo di pattona. Così "Arte e Storia" del 1913: "Dopo molte rabberciature, il palazzo è stato oggi restaurato e ridotto di un aspetto più possibile per le decorazioni architettoniche e per il colorito. Non sarà mai una cosa bella, perché salvo una trasformazione radicale è difficile ridurre a palazzo un vecchio monastero del quale si son voluti conservare i piani e gli spartiti interni originari; ad ogni modo il genio militare ha fatto questa volta quant'era in suo potere per dargli un carattere più serio e più conveniente". Diventato in seguito sede del Gran Comando del Dipartimento Militare, l'edificio fu colpito nel 1931 da un devastante incendio che distrusse il terzo piano, comportando nuovi lavori di trasformazione e miglioramento. "L'edificio occupa gran parte dell'isolato ed è caratterizzato da due facciate di epoca ottocentesca, abbellite da una fascia a bozze piatte e da tre ordini di finestre modanate, secondo il gusto neorinascimentale di moda all'epoca. Alla caserma si accede da un atrio dipinto a monocromo con partiture geometriche, fregi e trofei. Sulla parete destra una targa in bronzo ricorda la vittoria dell'Italia nella prima guerra mondiale. Il cortile si sviluppa sullo spazio dell'antico chiostro conventuale ed è delimitato su i tre lati da massicci pilastri sormontati da arcate a tutto sesto, abbellite dagli stemmi dipinti dei reggimenti dell'esercito italiano. Siepi di alloro, palme e piante ornamentali decorano la corte, al centro della quale è posta un'elegante fontana circolare abbellita da un putto da cui scende l'acqua" (Adsi 2009/2). Per quanto riguarda il fronte su via Cavour (ora nuovamente tinteggiato in bianco e grigio a coprire il rosso e il giallo che comunque affiorano a tratti visto il mediocre stato di conservazione degli intonaci) si segnala la presenza di una lapide con una lunga iscrizione in ricordo di Antonio Baldissera, generale dell'esercito che comandò le truppe italiane in Eritrea. |
Bibliografia
dettaglio |
Fantozzi 1842, p. 449, n. 183; Fantozzi 1843, pp. 85-86, n. 180; Firenze 1845, pp. 55-56; Formigli 1849, pp. 56-57; Firenze 1850, pp. 287-289; Bacciotti 1879-1886, III, 1886, p. 128; Limburger 1910, n. 168; Garneri 1924, p. 230, n. XXII; Bargellini-Guarnieri 1977-1978, II, 1977, p. 15; Fantozzi Micali-Roselli 1980, pp. 98-99; Roselli 1985, pp. 45-47, n. 5; Cesati (Piazze) 2005, p. 240; Invernizi 2007, I, p. 118, n. 95; Adsi 2009/2, pp. 39-40; Paolini-Vaccaro 2011, pp. 85-87, n. 36; Brunori 2012, pp. 64-65, n. 8. |
Approfondimenti |
In "La Nazione", 1 settembre 1866; Armando Guarnieri, Otto anni di storia militare in Italia (1859-1866), Firenze, Tipografia Galletti, 1868, p. 315; Il palazzo di S. Caterina, in "Arte e Storia", XXXII, 1913, 10, p. 314; Amelio Fara, Giovanni Castellazzi e l'architettura militare nella Firenze capitale d'Italia, in "Bollettino degli Ingegneri", XXXII, 1984, 7/8, pp. 8-12; Amelio Fara, La metropoli difesa. Architettura militare dell'Ottocento nelle città capitali d'Italia, con un racconto di Daniele Del Giudice, Roma, Sato Maggiore dell'Esercito, 1985, in particolare pp. 50-51, tavv. 69-70; Antonello Procaccini, Il palazzo Santa Caterina, in "MCM", 2006, 74, pp. 42-44; Luca Fedeli, Le collezioni archeologiche fiorentine dai Medici ai Savoia, in Il clima culturale e artistico a Firenze al tempo dell'Unità d'Italia, atti del corso di aggiornamento per insegnanti (Firenze, 12 ottobre-1 dicembre 2010) a cura di Maria Paola Masini e Jennifer Celani, Firenze, Polistampa, 2010 (2011), pp. 15-18; Angiolo Pucci, I giardini di Firenze, IV, Giardini e orti privati della città, a cura di Mario Bencivenni e Massimo de Vico Fallani, Firenze, Leo S. Olschki, 2017, pp. 248-249; Ex monastero di Santa Caterina, Ministero della Guerra, in Giuseppina Carla Romby, Carla Sodini, Firenze militare negli anni della capitale (1865-1871), Firenze, Angelo Pontecorboli, 2018, pp. 96-111. |
Documentazione fotografica |
Campo in corso di revisione. |
Risorse in rete |
Sull'edificio sono alcuni file multimediali reperibili su rete telematica, a partire dalla voce Ex convento di Santa Caterina su Wikipedia (con testi concessi dal presente sito in GFDL). |
Codice SBAPSAE |
FI5007 |
ID univoco regionale |
90480170591 |
Data creazione |
09/07/2011 |
Data ultima modifica |
01/05/2020 |
Data ultimo sopralluogo |
23/04/2020 |
Autore della scheda |
Claudio Paolini. |
Tags |
Campo in corso di revisione. |
Localizzazione |
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