Note storiche |
L'edificio presenta un fronte di quattro piani per quattro assi, con caratteristiche che lo riconducono a un intervento della prima metà dell'Ottocento, con gli immancabili balconi e le ringhiere in ferro. Al centro, in alto, è una croce rossa in campo bianco, arme dell'ordine di Santo Stefano, a ricordare la più antica storia di questo come degli edifici che seguono e che si allineano da questo lato lungo via del Prato di Ognissanti. Per quanto oggi solo parzialmente leggibile per le soprelevazioni e per l'apertura delle traverse che vanno verso il lungarno (tracciate tra il 1856 e il 1860), l'edificio è legato a un intervento unitario tardo cinquecentesco, volto all'edificazione di un blocco di case a schiera a interessare tutta la striscia di terreno da qui fino a quasi porta al Prato, per un totale di 59 edifici (sui 74 previsti dal progetto originario) sviluppati su un fronte di 775 braccia, pari a circa 450 metri. Più in particolare: il progetto risale al 1576 e, sostenuto economicamente dall'ordine di Santo Stefano, tendeva a fornire alloggi decorosi e funzionali da dare in affitto alle famiglie di tessitori, così come di altri artigiani della zona, con botteghe al terreno e abitazioni ai due piani superiori (si veda l'approfondito saggio di Giampaolo Trotta del 1982 citato in bibliografia). La ripetizione modulare, forse primo episodio del genere, contribuiva ad ammortizzare le spese di progettazione e di edificazione, e si ricollegava ad esperienza parallele, sperimentate ad esempio da Bartolomeo Ammannati con le case per l'Arte della Lana costruite in angolo tra via degli Alfani e via della Pergola (1577 e 1584). Nel nostro caso sappiamo che già nel 1583 le molte case realizzate erano state date in affitto a tessitori, ciabattini, battilani e altri artigiani. Altre case saranno costruite a distanza di circa un secolo, negli anni settanta del Seicento. Come già accennato, le caratteristiche dell'intervento, ancora ben documentate nelle piante e nei rilievi fino ai primi dell'Ottocento, si perderanno progressivamente nel corso dell'Ottocento, sia per le soprelevazioni, gli interventi alle facciate e la riconfigurazione degli spazi esterni, sia, soprattutto, per la realizzazione del lungarno Nuovo (attuale Amerigo Vespucci) e la conseguente apertura delle strade a questo parallele e, sul Prato, oblique, a determinare prima espropri sulla base delle perizie condotte da Felice Francolini (via Palestro e via Giuseppe Garibaldi) e da Enrico Guidotti (via Magenta), poi ricostruzioni totali o parziali di edifici ora con angoli acuti (sulla sinistra) ora ottusi (sulla destra), destinati alla classe medio e piccolo borghese. Per quanto riguarda nello specifico la nostra casa, si apprende da Federico Fantozzi che questa ospitava nel 1843 lo studio dello scultore Leopoldo Pisani, e ancor prima, dal 1778, quello del padre Pietro, "che portò in Toscana l'arte di lavorare l'alabastro, sotto la protezione del granduca Leopoldo I. Vi si trova un ricco assortimento d'oggetti di belle arti, tanto in questo genere che in marmo". Si veda anche, su questa stessa via, al numero civico 7. |