Note storiche |
L'edificio definisce uno sprone tra via Panzani e via dei Banchi ed è storicamente riconducibile a una delle molte proprietà che i Carnesecchi avevano in questa zona ed in particolare nell'area di questo quadrivio, non a caso ricordato come Canto dei Carnesecchi (si veda la targa sul palazzo in questione). Sul nostro edificio era un tempo un tabernacolo con un affresco di Domenico Veneziano, databile tra il 1440 e il 1444, raffigurante la Vergine in trono con il Bambino, presumibilmente commissionato da Bernardo Carnesecchi e non a caso detto Tabernacolo Carnesecchi, staccato nel 1851 da Giovanni Rizzoli su incarico del principe Ercole Pio di Savoia (che evidentemente aveva acquisito anche questo immobile nel periodo in cui risiedeva nel vicino palazzo Mondragone, si veda a via dei Banchi 6) ed ora conservato presso la National Gallery di Londra. Dell'opera reca peraltro notizia Giorgio Vasari nella vita di Domenico Veneziano, attestando che l'artista "dipinse sul canto de' Carnesecchi, nell'angolo delle due vie che vanno l'una alla nuova, l'altra alla vecchia piazza di Santa Maria Novella, in un tabernacolo a fresco una Nostra Donna in mezzo d'alcuni santi". L'edificio, per quanto incerta sia l'identificazione del tabernacolo, è descritto nella nota incisione dello Zocchi del 1744, raffigurante il quadrivio in questione con una veduta verso la piazza di Santa Maria Novella. Anche Guido Carocci, nel suo Firenze scomparsa (1897), segnala il luogo, annotando come qui esistesse un tempo una "chiesetta dedicata a S. Giuseppe ed appartenente alla Compagnia dei Legnaiuoli", comunque già non più esistente dal tempo in cui (1860 circa) la zona era stata interessata dalle opere di allargamento di via Panzani in modo da rendere più agevole il collegamento tra la piazza del Duomo e la stazione ferroviaria. In questa occasione il fabbricato fu parzialmente arretrato dal lato dello sprone e definito nei termini attuali, con fronti di cinque piani, per quattro assi su via dei Banchi, per cinque su via Panzani. Il lato dello sprone, secondo uno consuetudine diffusa al tempo, fu contrassegnato al terreno da un ampio arco segnato ai lati da fasce bugnate e, in corrispondenza dei primi due piani, da una luminosa serliana. L'edificio è coperto con una terrazza balaustrata. |