Gradazione delicata del chiaroscuro, sia come trapasso insensibile nel rapporto luce ombra di un disegno, sia nel chiaroscuro del colore pittorico, dove i contorni e i particolari, proprio in funzione dell’uso dello sfumato, appaiono indeterminati e inseriti in un’atmosfera nebulosa. Leonardo da Vinci, la cui pittura sfrutta magistralmente lo sfumato, suggerisce ai pittori: “et in ultimo che le tue ombre e lumi sieno uniti senza tratti o segni ad uso di fumo. E quando tu avrai fatto la mano e il giudizio a questa diligenza, verratti fatta tanto presto la pratica che tu non te ne avvedrai”. Sul concetto di sfumato come unione di colori si esprime ugualmente Filippo Baldinucci (1681), sottolineando (alla voce sfumare) come la tecnica sia finalizzata a “levar tutte le crudezze de’ colpi, confondendo dolcemente fra di loro chiaro con mezzatinta, o mezzatinta con lo scuro, a fine che il passaggio dall’uno all’altro venga fatto con un tale digradamento, che la pittura anche a vista vicina apparisca morbida e delicata senza colpi di pennello. Lo stesso che segue nel dipignere, occorre ancora nel disegnare, quando colui che disegna, strofinando con carta, con esca, o altro, i colpi della matita così bene gli unisce fra di loro, e col bianco della carta che fa apparire il termine della macchia non altrimenti che un fumo, che nell'aria si dilegua; e così fatte pitture, e disegni, diconsi sfumati”. |