Termine generico a indicare una miscela costituita da un legante e da una carica inerte polverulenta o granulare, tradizionalmente colla animale (ma anche oli siccativi, vernici, caseine, ecc.) e gesso (ma anche calce spenta, polvere di marmo, sabbia, ecc.) disciolti in acqua in proporzioni variabili in relazione alla necessità. Caratterizzati dalla proprietà di solidificare a contatto con l'aria e, generalmente, da una buona capacità adesiva, gli stucchi sono stati utilizzati fin dall'antichità come rivestimento protettivo di superfici architettoniche, per la preparazione di supporti pittorici (parietali, lignei e tessili) e, come materiali plastici, per la realizzazione di elementi decorativi e figurazioni a rilievo e a tutto tondo. Nel restauro trovano ugualmente vario impiego per la loro capacità di colmare lacune o vuoti, interni od esterni a un manufatto, e di far aderire parti con superfici molto irregolari e non combaciabili. L'estrema libertà di scelta tra le varie componenti, la possibilità di variare il loro rapporto quantitativo e di conferire una particolare intonazione cromatica alla miscela (con l'uso di cariche specifiche quali terre, ocre e polveri di carbone) rendono estremamente difficile una classificazione delle moltissime ricette tradizionali. Ancor più complessa la situazione attuale data la disponibilità di un'estrema varietà di polimeri di sintesi, quali i leganti vinilici e acrilici e, laddove il prodotto non debba rispondere a specifiche esigenze di reversibilità, epossidici, siliconici, poliesteri, ecc. Dal longobardo stukki, scorza. |