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Lemma
gesso da doratori
o gesso da oro, gesso a oro, gesso di Bologna. Materiale identificabile con la forma stabile del gesso, ovvero con il solfato di calcio biidrato, ottenuto attraverso calcinazione, macinazione, spegnimento e ulteriore macinazione della pietra da gesso di partenza. Nelle tecniche pittoriche è stato essenzialmente impiegato mescolato con colla animale (e in alcuni casi con emulsioni colla, olio, pigmento) per la preparazione delle tavole e delle tele. Conosciuto e utilizzato fin dall'antichità è ampiamente illustrato nei suoi usi dallo stesso Cennino Cennini (fine sec. XIV). Così Filippo Baldinucci (1681): "Gesso da oro. Una sorta di gesso sottilissimo e delicato, fatto d'alabastro cotto; e chiamasi anche gesso di Volterra, perché quivi se ne fa in abbondanza. Serve per dorare, e dipignere, stendendolo prima sopra la tavola, o altra superficie, che dovrà essere dorata o dipinta; dipoi asciutto che sia, va stropicciato con pelle di pesce, o pomice, finché si riduca interamente pulito e liscio. La sua tempera per lo più è colla di libellucci". Così il Dizionario tecnico (I, 1884): "Gesso da dorare. E' un solfato di calce che proviene dal solfato di calce idrato, sottoponendolo alle seguenti operazioni: si macina e si mette in forno entro padelle di lamiera, e per tre volte consecutive. Avute le tre cotte si polverizza e si passa per staccio, quindi si spenge per levargli la presa, e se ne formano panelle. Quando queste sono bene asciutte, si macinano a mano e si ripassa la polvere a staccio fittissimo. Il gesso si prepara per l'ammannitura, infondendolo nella colla strutta, senza agitarlo".
 
note:
 
inglese
gilder’s gesso
francese
gesso de dorure