o peletta. Pellicola di budello animale (solitamente intestino di bue), opportunamente trattata, utilizzata nella lavorazione delle foglie d'oro e, ugualmente, per proteggere le singole foglie negli intervalli delle varie fasi della battitura. Giacinto Carena (1853), alla voce battiloro, la descrive come utilizzata in più fogli, a formare "una specie di libro quadrato non cucito": "Tra foglio e foglio di quella manciata di pellicine ponesi un piccolo quadrato di foglia d'oro, precedentemente assottigliata tra foglietti di carta pecora, per distenderla ognor più fra le pellicine a colpi di pesante martello, a larga bocca". Si segnala una curiosa ricetta contenuta nel manoscritto di Theodor Turquet de Mayerne (1620) in cui la peletta è utilizzata, grazie al suo finissimo spessore e alla sua elasticità, come supporto per lettere facilmente occultabili: "Prendi uno Schlimen presso un battiloro che è tratto dell'intestino di bue [e] che si può avere della grandezza di mezzo foglio, bagnalo, tendilo di nuovo su una tavoletta, lascialo asciugare, scrivici sopra con grafia piccola e con inchiostro comune. Toglilo dalla tavoletta, arrotolalo con molta cura, versaci sopra una cera verde e mettilo nel buco di un dente, oppure infilalo in un orecchio o incollalo su una corazza per tutto il tempo che ti occorre per passare in mezzo al nemico, è un'arte veramente sottile con la quale potrai venire a capo di molte cose" (ed. a cura di Simona Rinaldi, 1995). Vedi anche battiloro, libretto del battiloro. |
note: De Mayerne Theodor Turquet, Pittura scultura e delle arti minori. 1620-1646, a cura di Simona Rinaldi, Anzio, De Rubeis 1995. |