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Lemma
smalto
Miscela di natura vetrosa, costituita da silicati, potassio, silice, minio, soda, quarzo, feldspato, borace e minerali fosfatici, il cui impiego in campo artistico, quale rivestimento o decorazione di un manufatto metallico opportunamente preparato (in oro, argento, rame, ferro e recentemente acciaio inossidabile) attraverso un processo di fusione, risale all'Antico Egitto. Viene realizzato fondendo i vari componenti a circa 1400 °C: il composto ottenuto (fritta), pastoso e denso, viene raffreddato e quindi macinato fino ad ottenere una polvere fine, incolore e trasparente, che può essere resa opaca e opportunamente colorata con l'aggiunta di ossidi metallici. Segue un lungo lavaggio e una nuova fusione per la conservazione in blocchi. Nel corso della smaltatura (ovvero della sua utilizzazione sul supporto) lo smalto viene macinato finemente e lavato con acqua distillata, quindi steso e rivetrificato intorno ai 900 °C, temperatura indicativa che deve tenere di conto del variare del grado di fusione in relazione alla presenza delle materie coloranti. Il termine, per estensione, indica anche la stessa tecnica di applicazione (che nelle molte varianti viene frequentemente precisata con la terminologia francese a documentare il lungo primato avuto dalla Francia in queste lavorazioni) e, ugualmente, il lavoro finito. In questo senso il termine appare già utilizzato da Giorgio Vasari che, nell'introduzione alle Vite (1568), parla a lungo delle opere in smalto considerandole "opra di pittura come le altre". Di etimo incerto, o dal sostantivo maschile fràncone smalt, o dal tedesco medioevale schmel-zen, con il segnificato di fondere.
 
note:
 
inglese
enamel
francese
émail