o tavorello, banco da orafo. Banco costruito e attrezzato in relazione alle necessità delle lavorazioni orafe, già definito negli elementi che ancora oggi gli sono propri nel corso del XVI secolo. Elemento distintivo è un incavo ricavato nello spessore del tavolo, all'interno del quale viene fissato il codolo di un elemento in legno duro (stecca o stocco), generalmente a forma di cuneo, utilizzato per limare o tagliare con il seghetto il pezzo in lavorazione. Al di sotto della stecca è un cassetto libero, spesso foderato con lamiera di zinco, con la funzione di raccogliere la limatura che cade durante la lavorazione del metallo e, ugualmente, tenere lateralmente gli utensili fondamentali. Al posto della cassetta può essere presente una pelle montata a sacco che, a sua volta, può essere sostituita direttamente da un grembiule di cuoio indossato dal lavorante. Sicuramente dal XVII secolo il banco acquisisce tre ulteriori elementi caratterizzanti: il primo è un bordo rialzato che corre lungo tutto il piano di lavoro, in modo da evitare la caduta degli utensili e dei pezzi in lavorazione (in molti casi a sezione circolare); il secondo è una rientranza semicircolare del piano dal lato della stecca, più o meno accentuata, che consente di trovare più facilmente punti di appoggio durante le lavorazioni; il terzo sono le traverse di irrigidimento del sistema di appoggio a terra del banco, posizionate in modo da favorire l'appoggio dei piedi. Precisa Giacinto Carena (1853): "Il tavolello è sodamente fermato dall'un de lati al parapetto della bottega, per aver maggior luce, e il lato opposto, dove seduto sta l'artefice, suol essere semicircolarmente incavato". |