Voce francese utilizzata anche in ambito italiano (e preferita al termine corrispondente di pasticcio che ne è la traduzione letterale) affermatasi nell'ambito della critica intorno alla metà del XVIII secolo, a indicare inizialmente e in senso spregiativo opere realizzate a imitazione dello stile di uno o più artisti noti. In questo senso Francisco Milizia, nel suo Dizionario delle Belle Arti del Disegno (1797), precisa che i pasticci "non sono né originali, né copie, ma composti di differenti parti prese di quà, di là", aggiungendo poi che "pasticci sono anche le contraffazioni". In quest'ultima accezione il termine è ancora oggi utilizzato, in particolare a indicare falsi realizzati con largo uso di frammenti o porzioni originali. Nel caso di un arredo, ad esempio, il termine può indicare mobili che tipologicamente possono anche non essere stati d'uso nel periodo a cui stilisticamente alludono, risultanti tuttavia dall'assemblaggio di elementi originali e provenienti da arredi diversi, comunque trasfigurati nell'insieme che concorrono a definire. Vedi anche pasticheur. |