o cera punica. Sostanza elaborata dall'insetto Apis Mellifica e da altre varietà di api che la utilizzano per costruire le cellette dei favi. E' solubile in essenza di trementina, insolubile in alcol etilico a freddo. La cera vergine (ossia grezza) ha un colore variabile dal giallo dorato al giallo chiaro. Può essere decolorata con l'esposizione al sole e all'aria o chimicamente (cera d'api sbiancata): in quest'ultimo caso si perdono tuttavia alcune di quelle caratteristiche che l'hanno resa la cera più usata nel campo artistico in tutti i periodi storici, e che la rendono ugualmente utile per il restauro. Essendo una cera tenera (il punto di fusione è a circa 60-70 °C) è spesso impiegata in miscela con cere dure, in modo da innalzarne il punto di fusione e ottenere pellicole di maggiore brillantezza. Utilizzata ampiamente come legante (vedi encausto), trova impiego in composizioni di adesivi e consolidanti e, grazie alle spiccate proprietà idrorepellenti comuni a tutte le cere, quale protettivo sia di manufatti in pietra e in metallo sia, in unione alle resine, nella fabbricazione di vernici per dipinti. E' stata impiegata per fare modelli di medaglie, moneti e sigilli, come pure per plasmare bozzetti e figure. Nella fabbricazione delle malte è stata utilizzata, in emulsione con oli minerali, come additivo con funzione antiritiro e impermeabilizzante. La cera sbiancata viene inoltre impiegata nel restauro per formare emulsioni acquose per supportare vari solventi nella pulitura dei dipinti e, mescolata con resina, come stucco per piccole lacune. |
note: Borghini Gabriele, Massafra Maria Grazia (a cura di), Legni da ebanisteria, Roma, De Luca 2002. |