o acquarello. Originariamente, come documenta Cennino Cennini (fine sec. XIV), l'acquerello viene inteso come procedimento di ombreggiatura di schizzi o disegni. Ancora Filippo Baldinucci (1681) lo definisce come "una sorta di colore che serve per colorir disegni; e si fa mettendo due gocciole d'inchiostro in tanta acqua quanta starebbe in un guscio di noce". A partire dal Settecento, parallelamente al definirsi dell'acquerello come tecnica autonoma in ambito inglese, il termine indica una pittura eseguita con colori trasparenti stemperati in acqua con l'aggiunta, come agglutinante, di gomma arabica e di altre sostanze (glicerina, miele, zucchero), stesi su un supporto generalmente di carta (in Estremo Oriente - dove la tecnica si sviluppò dal III secolo - è ugualmente e ampiamente utilizzata la seta). A differenza del guazzo l'acquerello non prevede l'uso del bianco, dato che i toni chiari vengono forniti risparmiando e sfruttando il colore della carta di supporto per trasparenza. La tecnica richiede prontezza e sicurezza di esecuzione a causa del rapido essiccamento delle tinte. Nel restauro i colori ad acquerello sono tra quelli utilizzati negli interventi di integrazione pittorica. |