Gli stucchi in esterno del palazzo della "Reggia" Università degli Studi di Torino
Rita Binaghi, Giacomo Chiari, Oscar Chiantore
 
 

Introduzione

All'aprirsi del secolo XVIII, Vittorio Amedeo II promosse la riforma istituzionale dell'Università di Torino e decise di darle una nuova e più degna sede. A questo fine acquistò da privati l'isolato di Sant'Elena, posto nell'immediata vicinanza degli edifici rappresentativi del potere statale, ed affidò il progetto del palazzo a Michelangelo Garove, Capitano di Sua Maestà ed architetto-ingegnere dell'Azienda Fabbriche e Fortificazioni (1). 
La posa della prima pietra avvenne il 29 maggio 1713 e nel settembre Garove, che aveva mantenuto la direzione lavori nel cantiere, morì e fu sostituito interinalmente da Giovanni Antonio Ricca, proveniente da Genova e specialista in ristrutturazioni. Il realizzato, puntualmente rilevato dall'architetto Bernardo Antonio Vittone nel 1740, è fortemente dissimile dai disegni garoviani, ma è molto simile alla situazione odierna, a riprova del fatto che il progetto seguito non fu quello del Capitano di Sua Maestà e che, dagli anni quaranta del Settecento ad oggi, non sono stati fatti mutamenti significativi. Tra il progetto di Garove ed il realizzato, rilevato nei disegni di Vittone, intervenne con sapiente mestiere la figura di Filippo Juvarra. L'architetto messinese, giunto a Torino nel settembre del 1714, prese in mano le sorti del cantiere con grande forza e ne determinò l'aspetto definitivo sia come organizzazione planimetrica, che come distribuzione interna degli ambienti: a lui si devono tra l'altro il Teatro Anatomico, la Biblioteca, la Cappella ed il Lapidario, allestito sotto i portici del cortile. 
Sue sono anche tutte le decorazioni esterne in stucco (2), che formalmente risentono molto dell'insegnamento plastico borrominiano, presentando la rotazione di 45 gradi dei montanti laterali delle porte a livello del loggiato, oltre ad un apparato ricco ed estremamente plastico (Figura 1).
Alla morte di Juvarra (1736) gli subentrò nella cura del palazzo l'allievo B. A. Vittone, al quale fu chiesto, oltre ad interventi manutentivi come il rifacimento dei volti dei due scaloni, perché fessurati, un nuovo ed importante riallestimento del Museo. In quell'occasione, i muri sotto i portici del lato del cortile interessato furono arricchiti da decorazioni in stucco, la cui iconografia riprendeva i rami del sapere rappresentati nel Museo, purtroppo non più esistenti. Le descrizioni, presenti ancor oggi nei documenti, permettono fortunatamente una ideale ricostruzione, che evidenzia la ricchezza delle forme realizzate. 
 
Figura 1. Decorazioni a stucco di montanti e sovraporta, dopo l'intervento di restauro

L'Ottocento vide la costruzione del portale di ingresso sulla via Verdi, progettato da Giuseppe Talucchi e realizzato dallo scultore Giacomo Spalla ed inoltre l'inserimento dell'importante arredo scultoreo, ad opera dei fratelli Collino, che realizzarono le statue di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele III (oggi ospitate nell'Aula Magna) ed il gruppo scultoreo della Fama che incatena il Tempo. Ad artisti diversi si devono invece i busti e le statue dei professori che adornano cortile, scale e soprattutto il loggiato. Furono anche mutate alcune porte in finestre e viceversa, ma senza alterare in modo sostanziale gli stucchi posti a decoro delle stesse.
Il Novecento passò in modo meno felice del secolo precedente, perché funestato da un incendio della Biblioteca, che coinvolse anche i tetti, i muri sull'esterno e sul cortile principale, e dalla seconda guerra mondiale, che "regalò" al palazzo dell'Università uno spezzone incendiario, producendo la distruzione dello scalone di sinistra (completamente poi rifatto in travertino e non in Gassino com'era all'origine), del locale adiacente, oltre ad evidenti bruciature sulla muratura esterna sul lato di via Vasco e soprattutto la caduta di molti stucchi. 
Dopo la ricostruzione del dopoguerra, eseguita dal Genio Civile, furono i restauri tra gli anni sessanta ed ottanta a creare i problemi maggiori, mettendo duramente alla prova lo stato di conservazione dell'edificio. Interventi restitutivi sbagliati determinarono, infatti, il cambiamento dei rapporti cromatici originali, e peggiorarono coll'utilizzo di tinte acriliche pellicolanti i fenomeni dovuti ad umidità. Fu fatto inoltre un uso disinvolto del cemento nelle restituzioni, determinando, alla distanza, aspetti cromatici infelici ed assolutamente inamovibili, pena il distacco anche della materia sottostante.

Note
(1) Per un approfondimento delle vicende costruttive dell'edificio, e per l'indicazione della ricca raccolta di documenti ritrovati ed utilizzati nella ricostruzione storica dei fatti si rimanda a R. BINAGHI,"Una fabricha non men decorosa che comoda": il Palazzo dell'Università, in "Annali di storia delle Università italiane", 5, 2002, in corso di stampa;EAD., La fase iniziale della progettazione del settecentesco degli Studi di Torino (1713-1714): un problema aperto tra politica sabauda ed esigenze edilizie, in "Quaderni di storia dell'Università di Torino", Torino, Il Segnalibro, prossimo numero.
(2) Come sempre il ricorso allo stucco è suggerito dalla volontà di contenere i costi.
 

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