Gli
stucchi in esterno del palazzo della "Reggia" Università degli Studi
di Torino
Rita Binaghi, Giacomo Chiari, Oscar
Chiantore
Indagine storico-architettonica
Il recente intervento di restauro
sul cortile principale, sugli scaloni, sul loggiato ed anche su tutti gli
arredi scultorei (3) oltre a restituire, il palazzo agli antichi splendori,
raggiungendo un risultato assolutamente insperato, ha stimolato una campagna
di studi sui materiali e le tecnologie impiegati per gli apparati decorativi,
in particolare per le raffinate decorazioni a stucco.
Le prime stratigrafie, realizzate
ancora nell'ambito del cantiere preventivo, avevano subito posto in evidenza
sia l'alto numero degli interventi pittorici di ritinteggiatura, sia la
difficoltà ad individuare univocamente lo strato posto immediatamente
sopra la preparazione muraria e quindi da considerasi come l'aspetto originario
risalente al momento della costruzione. Altrettanto complessa si presentava
la definizione della facies ultima, apparsa sotto le ridipinture degli
stucchi. Quest'ultimi erano infatti ricoperti da uno strato giallognolo
tendente al marrone, che potremmo definire color cuoio, inizialmente ritenuto
il colore originario ricercato.
Nuove stratigrafie, operate su ordinanze
e sfondati nell'ambito del cantiere di restauro avevano individuato elementi
morfologici dell'architettura ancora originali, quali alcune chiavi degli
archi del loggiato nel fronte verso il cortile, decorate da un apparato
scultoreo in stucco, che presentava metodi realizzativi di altissimo valore
artistico e colorazioni di grande interesse (Figura 2). Il colore ritrovato
era un rossiccio-mattone abbastanza scuro, che, in quella fase del cantiere,
si stagliava in modo sensibilmente contrastante con il colore grigio dei
rilievi e il verdino chiaro dell'ultima tinteggiatura novecentesca presente
sulle superfici piane. A quella fase dei lavori i problemi più urgenti
da risolvere, prima degli interventi restitutivi, erano dunque due ed entrambi
riguardavano le colorazioni (il rosso-mattone ed il color cuoio) ritrovate
dalle stratigrafie. Si trattava di capire se queste colorazioni ritrovate
dalle stratigrafie derivassero da specifici trattamenti pittorici delle
decorazioni a stucco.
Nel frattempo erano state eseguiti
il rilievo e la mappatura dei rifacimenti, che permettevano, per incominciare,
di definire i risarcimenti delle parti mancanti, da quelli ancora
settecenteschi a quelli del secolo appena trascorso.
Risposte interessanti sul piano
della documentazione di interventi che potessero aver alterato gli stucchi
o anche solo i colori attraverso ritinteggiature, sono venute dall'indagine
storica, che si è potuta giovare di una precedente ricerca su edifici
settecenteschi torinesi (4) dove veniva anche preso in considerazione il
Palazzo degli Studi di via Po, per il quale mancava una ricostruzione attenta
della sua storia sotto il profilo architettonico
Alla documentazione già nota,
presente nell'Archivio di Stato di Torino, si sono quindi aggiunte le preziose
informazioni ritrovate all'interno dell'Archivio Storico dell'Università
di Torino. In particolare, la consultazione dei Mandati di pagamento, ancora
presenti nel fondo economico, ha rivelato che dal 1729 sino alla fine del
secolo vi era stata la buona abitudine di allegare ai mandati stessi la
lista delle spese da parte di tutti i lavoratori chiamati a prestare la
loro opera. E questo a lavori terminati, al fine di richiedere la soluzione
economica, descrivendo dettagliatamente quanto fatto. Purtroppo mancano
gli anni relativi alla realizzazione del Palazzo, non
ancora ovviamente sotto la tutela della magistratura tecnica che
avrebbe poi governato l'Università settecentesca e richiesto, per
prassi, quel tipo di documentazione.
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Figura 2.
Vista della chiave d'arco settecentesca,
parzialmente riportata al livello stratigrafico originale |
Il fondo dei Mandati di pagamento
ha fornito importanti informazioni sulla natura e localizzazione dei mutamenti
attuati nel corso del Settecento sulle murature e sulle decorazioni, guidando
saggi e prelievi di materiale. Rispetto alle metodiche operative utilizzate
negli interventi di riplasmazioni settecenteschi, in particolare ha messo
in evidenza l'uso di colle, oli e cere per le finiture ultime. Inoltre
ha permesso di verificare che nel corso del primo secolo di vita dell'edificio
non vi erano stati mutamenti delle tinte utilizzate per ordinanze e sfondati.
Le murature piane ed i volti degli ambienti sull'esterno quali i due scaloni
aulici, gli atri, il portico ed il loggiato avevano mantenuto un intonaco
grigio perla, mentre basi, lesene, capitelli, dadi, superiori, cornici
e decorazioni in stucco imitavano il colore della pietra di Gassino, utilizzata
per le colonne del cortile e del loggiato, per le balaustre e per i due
scaloni.
Note
(3) Il restauro è stato finanziato
dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di
Torino. Durante il cantiere preventivo una prima indagine storico-documentaria
è stata effettuata dall'arch. Antonio Rava, avvalendosi della tesi
di laurea di M. MOTTURA, Il Palazzo dell'Università degli Studi
di Torino, a.a. 1993-1994, Rel. Prof. F. Rosso, Facoltà di Architettura
del Politecnico di Torino.
Il cantiere operativo si è
svolto sotto la responsabilità dell'Ufficio Tecnico dell'Università
nella persona dell'Architetto Daniele Cappello, della Soprintendenza ai
Beni Ambientali ed Architettonici del Piemonte (Arch. Paola Salerno) e
della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici del Piemonte (Dott.ssa.
Cristina Mossetti). I lavori sono stati eseguiti dalla Ditta Borini Costruzioni
S.p.A. per il ripristino delle superfici piane e dai restauratori
Barbara e Giorgio Gioia per gli stucchi, le pietre e per la statuaria.
Sui bronzi sono intervenute Tiziana Igliozzi e Valeria Borgialli, mentre
sul gruppo scultoreo "La Fama che incatena il tempo" dei fratelli Collino
si è fatto ricorso alla pulitura mediante tecnica laser condotta
da Anna Brunetto.
(4) R. BINAGHI, Le Architetture
della Scienza, in L'edilizia pubblica nell'età dell'Illuminismo,
a cura di G. Simoncini, Firenze, L. Olschkj, 2000.
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