"Stucchi"
neogotici col Portland bianco. L'oratorio Pesenti in Montecchio (Alzano
Lombardo)
Mariangela Carlessi
Il "cemento bianco"
Nel 1923, dalle pagine di Le industrie
Costruttive, lo studioso della chimica del cemento F. Ferrari ricorda che
è stato proprio "l'alto interesse per la decorazione artistica,
della facile disponibilità di un materiale bianco dai caratteri
chimici e fisiomeccanici del Portlandî ad aver "da gran tempo sollecitato
gli sperimentatori alla ricerca di metodi pratici per l'ottenimento di
tal prodotto " (9).
Com'è noto le ragioni di
economicità e rapidità d'esecuzione hanno condotto sul finire
dell'Ottocento alla rapida diffusione dei "cementi decorativi", peraltro
già in uso da molti decenni per realizzare "moulures, corniches
et tous autres ornements d'architecture" e destinati ad avere vasto impiego
anche nei cantieri di restauro architettonico (10) . Nelle fabbriche dei
Pesenti è però inequivocabile la componente "propagandistica":
attingere alla propria produzione per dimostrarne, in modo eclatante, la
qualità e le potenzialità nel mondo edilizio. A cavallo del
secolo in casa Pesenti l'uso ornamentale dei cementi era già tradizione:
sia nei vari coronamenti apposti al fronte "aulico" dell'Officina (quello
verso valle, più volte riconfigurato) e nei "finti marmi" dei lambris
dei suoi "gabinetti d'assaggio" che, naturalmente, nelle stesse ville di
Augusto, Carlo, Daniele e loro pertinenze. In quella di Carlo le
balaustre, la loggia sul parco, il basamento, le cornici di porte e finestre
sono in graniglia bianca e nera con cemento grigio: all'interno, oltre
ai pavimenti policromi in marmette, lo scalone, pensato in granito, è
interamente realizzato in graniglia di cemento lucidata sulle vivaci tonalità
rosse, nere e gialle.
L'attività dei Pesenti ha
svolto un ruolo importante nell'ambito della progressiva diversificazione
dei prodotti e dell'affinarsi delle cognizioni tecnico-scientifiche in
materia di agglomeranti idraulici, con caratteri peculiari connessi alla
produzione di cementi naturali, all'aggiornamento e alla curiosità
sperimentale; aspetti, questi ultimi, resi possibili anche dalle differenti
competenze dei vari fratelli. Naturalmente l'incertezza nell'uso della
terminologia accompagna gli esordi della produzione dei leganti idraulici
cementizi e i primi tentativi per una loro classificazione e "dettagliata
nomenclatura" sulla base dello sviluppo degli studi e delle cognizioni
chimico-fisiche, consentendo solo in parte di ricostruire tipi e sviluppi
della produzione (11) . Attorno al tema si concentrano ingenti sforzi produttivi
e tecnici nei quali si intrecciano differenti "saperi" (in primis la geologia
e la mineralogia per lo studio metodico dei banchi, la fisica per i processi
di cottura, la chimica per l'analisi e il controllo, la meccanica per la
tecnologia industriale), e dalle generiche categorie di "agglomeranti"
descritti negli opuscoli degli anni Settanta-Ottanta dell'Ottocento (calci
grasse, magre, idrauliche, eminentemente idrauliche, uso Palazzolo, cementi)
si perviene presto ad una ricca articolazione dei soli cementi, variamente
denominati: Portland, cementi a lenta o "calci limite", cementi Parker,
"romani" o a rapida presa, cementi pozzolanici, cementi di grappiers, i
trass, cementi di scorie, cemento bianco, magnesiaco, cemento selenitoso,
"cemento granito", etc. La distinzione fondamentale, anche perché
induce considerevoli varianti nell'organizzazione dei processi produttivi,
resta quella tra naturale e artificiale, avviandosi la produzione italiana
principalmente verso il primo tipo, poiché "le nostre pietre calcaree
si prestano non solo per fabbricare i prodotti cementizii comuni, ma sono
eccellenti anche per fabbricare cementi più fini e perfetti, ad
es.: Grenoble, Kufstein, ecc, che ancora si importano dall'estero, in grande
quantità" (12) . Il Portland, di origine inglese, appare fin dall'inizio
il "re" dei cementi, un "materiale essenzialmente moderno"(13) : gli sforzi
degli industriali, compresi i Pesenti, si concentrano presto sulla ricerca
di calcari marnosi selezionati e la messa a punto di macchinari e processi
di cottura e lavorazione adeguati ad ottenere tale materiale, dapprima
prodotto a Palazzolo artificialmente sul modello dei procedimenti esteri,
e successivamente come cemento naturale nelle officine casalesi e bergamasche
(14).
Nel 1883 "persone competenti e ragguardevoli
lavorano con attività per un processo di preparazione del Portlan"
(15) , ma si dovrà attendere ancora prima che la Ditta F.lli Pesenti
possa produrlo, grazie agli studi sistematici compiuti da Pietro - un altro
componente della famiglia, medico e geologo - sui propri giacimenti nelle
colline circostanti (16) e alle ingenti opere di rinnovo nell'Officina
di Alzano (principalmente nei forni e nei silos) compiute dal fratello
Cesare, ingegnere e infaticabile sperimentatore. Attorno alla metà
degli anni Novanta ha inizio la produzione del Portland, che Cesare Zamboni,
chimico della ditta e fra i principali esperti del cemento dell'epoca,
nel suo saggio del 1901 definisce come "il prodotto della cottura spinta
sino a cominciamento di vetrificazione, di una miscela intima, in proporzioni
convenienti di carbonato di calce e d'argilla; la miscela deve essere fisicamente
e chimicamente omogenea in tutte le sue parti. Sotto il nome d'argilla
si suol intendere l'insieme della silice, allumina e sesquiossido di ferro"
(17).
Questo Portland per il suo colore
resterà celebre fino a tempi recenti come il "cemento chiaro di
Alzano": tuttavia è proprio verso il 1894 (ma anche per questa data
le fonti discordano) che i Pesenti iniziano a produrre il cemento bianco,
"prima Ditta italiana che ebbe l'idea di dotare l'industria cementiera
nostra (colmando, così, una notevole lacuna) di questo nuovo ed
interessante prodotto" (18) , imitazione "molto ben riuscita" del celebre
Lafarge francese. Zamboni, offrendo alcuni dati analitici, ci informa che
questo "cemento siliceo" è ricavato con opportuni trattamenti da
calcari "subcristallini di tinta azzurra, molto regolari" che presentano
una "composizione da calce limite", cavati da un giacimento specifico.
Tale prodotto, che valse alla ditta un premio dal Reale Istituto Lombardo
di Scienze e Lettere nel 1904, era il risultato "di una fabbricazione minuziosa
e speciale", della quale non vengono però forniti ulteriori dettagli.
L'insistenza sulla ricchezza e ottima qualità dei giacimenti, l'accento
ripetutamente posto sul carattere "naturale" del Portland Pesenti (cioè
la marna, grazie alla sua composizione ed omogeneità, non subisce
manipolazioni ma le sole trasformazioni indotte dalla cottura) e la strutturazione
stessa dell'Officina di Alzano Sopra lasciano presumere che il riferimento
alla laboriosa fabbricazione del cemento bianco non sia da ricondurre al
dosaggio artificiale delle materie prime, bensì all'esigenza di
prevedere reparti appositi e separati (quali la piccola Officina di macinazione
sulla Nesa), per garantire la purezza del materiale (19) . Aspetto non
secondario, che distinguerebbe inequivocabilmente il cemento bianco Pesenti
da quelli commentati nei ricettari o nella pubblicistica. Sulle sue caratteristiche
non si hanno ulteriori dati, se non quelli offerti dalla motivazione che
sostanzia l'attribuzione del prestigioso Premio Brambilla da parte del
Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere alla ditta nel 1904: in essa,
al "tipo di cemento bianco" prodotto dai Pesenti, pur lodato poiché
"assai desiderato per particolari usi", viene riconosciuto un importante
limite, quello di non raggiungere, né di poter raggiungere, "i requisiti
del portland" (20). Viene tuttavia riconosciuto il suo carattere
naturale, poiché ricavato da una pietra che la ditta "seppe ritrovare
a Pradalunga, donde è trasportata con i mezzi ordinari ad Alzano",
a differenza delle altre produzioni di questo materiale, basate sull'impiego
dei "grumi ribelli dell'estinzione, che residuano dalla burattatura della
calce idraulica" (21).
Il problema principale nella preparazione
di un tanto sospirato legante idraulico bianco è infatti la fase
ferrica (celite), che svolge l'importante ruolo di fondente durante la
cottura, ma dalla quale dipende la varia colorazione grigiastra: nella
produzione artificiale, gli esperimenti furono per questo condotti nel
tentativo di abbinare calcare puro e caolino con l'aggiunta di "materiali
ad alto potere fondente" adeguati (fluoruri di calcio o di sodio, borace
o acido borico, leucite), e ciò collocherebbe l'ottenimento di un
vero e proprio Portland bianco solo agli inizi del Novecento (22).
Sul finire dell'Ottocento inizia
a diffondersi il cosiddetto "cemento di magnesia", ottenuto secondo svariati
procedimenti sperimentali: con magnesia prodotta per calcinazione nel cloruro
di magnesia e mescolata con carbonato di calce, oppure "impastando ossido
di magnesio molto fino con soluzione di cloruro di magnesio" (cemento Sorel),
privo il più possibile di acido carbonico, oppure a base di silicato
di magnesia; esso presenta "un bel color bianco", e "si rapprende in una
massa di aspetto molto simile al marmo, ma molto più dura", ed appare
destinato a largo impiego "per ornamento" (23). Tuttavia le riserve
nei confronti delle qualità di durata e resistenza dei cementi magnesiaci,
come pure di quelli "di gesso", sono frequenti, e continui richiami alla
precauzione nel loro utilizzo sono lanciati dalle pagine de Il Cemento:
anche se i cementi di magnesia, composti da "magnesite calcinata", consentono
di ottenere oltre al desiderato bianco puro "una grande durezza accompagnata
da lucentezza alla superficie" del tutto simile al marmo levigato, tuttavia
essi, commerciati spesso "con nomi scientifici terminanti in ite", non
sono in grado di resistere "perfettamente al tempoî, ed è proprio
"questa qualità la prima e più importante per un cemento
qualsiasi" (24).
La ricerca di tecniche atte ad ottenere
un materiale con tali caratteristiche si articola perciò in procedimenti
industriali per una produzione quantitativamente e qualitativamente importante,
e in una serie di formulazioni di "surrogati", espedienti finalizzati forse
a lavori di carattere più modesto. Nei primi anni del secolo vi
era largo impiego nella fabbricazione di piastrelle del "cemento bianco
francese" (il più noto è marsigliese), ottenuto dalla macinazione
di grappiers di certe calci idrauliche (silicee e povere di ferro), che
però viene rubricato piuttosto nella famiglia delle "calci pesanti",
anche per la sua tinta "solo relativamente bianca" (25) Per ottenere
un "vero cemento Portland bianco" Fahnejelm cuoce una miscela di "caolino
e di creta (carbonato di calcio)î lavata, ottenendo un cemento bianco "la
cui formola corrisponde a quella del Portland" (dove tuttavia la mancanza
del fondente ferroso impone una elevazione della temperatura "col rischio
di non ottenere che una calce idraulica"); Ehemann nel 1899 aggiunge feldspato
(plagioclasio) al miscuglio di creta e di sostanza argillosa bianca esente
da ferro (caolino, terra da pipa) per ovviare alla deficienza del fondente
ferroso (ma ancora la temperatura necessaria è troppo elevata);
Zulkowsky aggiunge ai consueti creta e caolino l'acido borico; Ransonne
e Berkefeld conducono altre prove, ma senza successo. Gresly tenta invece
di ottenere un cemento "romano" bianco, ovvero a presa "rapida od attenuata"
che richieda temperature meno elevate: il suo prodotto, impastato con sabbia
comune nei rapporti di 1: 2 _ - 3 consente di realizzare masse che dopo
solo due ore possono ricevere le opere di finitura a scalpello. Il cemento
bianco creato da Leduc deriva invece da una miscelazione di caolino, creta
e gesso, cotti a temperature non superiori ai 1200°C, in grado di ottenere
resistenze elevate, simili a quelle di un buon cemento romano (26).
Sul cemento bianco come "miscela di caolino, marmo e gesso" (simile al
cemento romano "ma con sostituzione, rispetto a questo, di allumina al
posto dell'ossido di ferro") ritorna il ricettario industriale di Italo
Ghersi del 1915, precisando che il bianco della famiglia dei Portland dovrebbe
"sostituire il gesso ed il cemento di magnesio, specialmente per l'imitazione
del marmo bianco e per quei lavori che debbono resistere alle intemperie".
Lo stesso autore propone poi la miscela di carbonato di calce puro e quarzo,
e quella di gesso, solfato di magnesio e ossido di magnesio (27) . Ancora,
un altro tipo di cemento bianco, statunitense, è basato sull'utilizzo
di materie prime prive di ferro contenenti, oltre al carbonato di calce,
una sabbia calcarea bianca, cristalli di spato e argilla bianca plastica
con il solo 0,6 % di sesquiossido si ferro, e cotte in forni rotativi (28)
Nel 1912 Bertelli classifica il Portland bianco utile all'esecuzione di
"lavori in stucco" all'interno dei cementi magnesiaci, ottenuto impastando
calce bianca pura e argilla pura e cotto in forni rotativi ad olio; alla
indispensabile deficienza di ossido ferro si supplisce "aumentando il tenore
di argilla" o, secondo le ricette di cementi esteri in commercio, con carbonato
di zinco. Ancora Ferrari, agli inizi degli anni Venti, annovera tra i "veri"
Portland bianchi quello prodotto dalla "Stern" e la gliptolite, oltre a
ricordare un suo recente brevetto del quale fornisce i dati dell'analisi
(29).
Note
(9) F. Ferrari, "Sul cemento
bianco", in Le industrie costruttive, n. 1, Torino 1923, p.1.
(10) Ciment de Portland Anglais
fabriquè par Knight, Bevan et Sturge, Brest, Roger, s.d. (ma primi
anni Sessanta dell'Ottocento), p. 16.
(11) La letteratura che si
occupa degli agglomeranti idraulici e ne tenta una classificazione è
notoriamente vasta: oltre ai testi francesi e tedeschi, si possono ricordare
gli opuscoli pubblicitari delle diverse ditte (specialmente nel Monferrato),
i manuali di F. Molinari, Laterizi, gessi, pozzolane, calci e cementi,
Milano 1887; A. Arlorio, Cementi Italiani, Milano, 1893; L. Mazzocchi,
Calce e cementi, Milano, 1895; P. Vacchelli, Le costruzioni in Calcestruzzo
ed in cemento armato, Milano, 1899; C. Zamboni, Il cemento Portland della
ditta F.lli Pesenti fu Antonio di Alzano Maggiore, Bergamo, 1901; gli articoli
su Il cemento, dal 1904, per giungere a L. Bertelli, Cementi e calci idrauliche,
Milano, 1912; G. Sylva, I Cementi, 1913.
(12) Francesco Molinari, Appunti
sulle pietre da Calce e da Cemento, Milano, 1893. Il tema della maggiore
affidabilità del naturale o dell'artificiale registrerà opinioni
discordanti nei primi anni Dieci, con la diffusione del processo artificiale.
(13) L. Mazzocchi, cit., IV
ed., 1915, p. XII.
(14) Antonio Pesenti,
"Storia del cemento Italiano", I Congresso Nazionale del Cemento, Casale
Monferrato, 1937. Cfr. anche C. Goria, "Evoluzione storica dei leganti
e dei conglomerati dall'empirismo alla loro conoscenza razionale", in Aa.
Vv., Cemento. Storia, tecnologia, applicazioni, Milano, 1976, pp. 11-80.
(15) Cementi e calci idrauliche
fabbricati dalla ditta fratelli Pesenti fu Antonio, Bergamo, s.d. (ma 1883).
(16) Nel caso della Valle
Seriana, la cui geologia era all'epoca indagata dai primi studi, si tratta
di formazioni appartenenti alle Alpi calcaree meridionali, poste al passaggio
dal Cretacico all'Eocene ("Sass de la luna", "Scaglia lombarda",); cfr.
Servizio Geologico Nazionale, Carta Geologica della Lombardia, Roma 1990.
(17) C. Zamboni, Il cemento
Portland, 1901, cit.. Zamboni ricorda inoltre che "I tre banchi ora coltivati
dalla Ditta Pesenti, Ö (anche dal punto di vista del rapporto tra silice
e allumina) Ö pur presentando lievi differenze tra banco e banco, offrono
una più che sufficiente regolarità di composizione, composizione
che raccoglie perfettamente tutte le condizioni imposte dalle formole del
Le-Chatellier". Gli studi sulla costituzione del Portland dovranno proseguire
a lungo: ancora Zamboni nel 1931, alla voce "Cemento", della Enciclopedia
Italiana Treccani, quando ormai i leganti idraulici vantavano una copiosa
letteratura, ricorderà che "il rapporto tra i singoli elementi è
variabile, ed è difficile unificarlo, in mancanza di una formula
precisa che determini esattamente la costituzione chimica del cemento Portland"
(p. 702).
(18) G. Rizzi, Materiale del
capomastro. I materiali idraulici cementizi, Milano, Hoepli, I ed. 1910;
V ed. 1927, p. 83.
(19) Nella "classificazione
dei materiali idraulici" propota da Zamboni su Il Cemento nel 1904 i "cementi
bianchi grappiers" sono inclusi proprio nel gruppo dei "cementi silicei
naturali". Dalle tabelle dei prezzi di listino dell'epoca sappiamo inoltre
che nel 1904 il cemento bianco di Palazzolo, venduto dalla Società
Italiana dei Cementi e delle Calci idrauliche quale varietà di Portland,
costava 5 lire al quintale, contro le 5,80 del Portland artificiale extra.
(20) In Rendiconti del Reale
Istituto Lombardo di scienze e lettere, Milano, 1905, p. 61.
(21) Ivi La "fortuna critica"
del cemento bianco accompagnerà le sorti successive della ditta,
divenuta Italcementi, attraverso l'articolazione di differenti prodotti:
nel corso degli anni Sessanta, oltre all'impianto di Civitavecchia, a tale
produzione verrà riservata la costruzione della cementeria di Rezzato,
sfruttando il giacimento calcareo del territorio di Brescia cui appartiene
anche il Marmo Botticino. Nell'opuscolo illustrativo dello stabilimento,
si legge che i cementi bianchi, "usati un tempo per impieghi molto limitati"
si sarebbero progressivamente diffusi per il miglioramento delle qualità
di resistenza meccanica, nel caso del Supercemento Italbianco (Portland
a rapido indurimento e ad altissima resistenza) e dell'Aquila Bianca, "ottimo
legante bianco" nel quale emerge "l'elevato valore di brillanza".
(22) Ad opera di Newberry, Richardson
e dell'italiano Ferrari. In Goria, 1976, cit., pp. 69-70.
(23) I. Ghersi, Imitazioni e succedanei
nei grandi e piccoli prodotti industriali, Milano, 1903, "Cemento di magnesia",
pp. 38 e ss.
(24) "Intorno al cemento di
magnesia", in Il Cemento, n.8, agosto 1906, pp. 205-206.
(25) M.m., "Il cemento bianco",
in Il Cemento, 1906, agosto, n. 8, pp.203-205. Cfr. anche "Procedimento
per la fabbricazione del marmo artificiale", Ibidem, n.8, 1908, p. 210.
(26) "Il cemento bianco",
cit.; l'analisi chimica del clinker prodotto da Leduc mostra una percentuale
di silice combinata pari a 17 %, ossido di calcio: 51,55 %, allumina 2,95%;
ossido di magnesio 0,22%, ossido di ferro pari a 0,15%, ed una perdita
di calcinazione pari a circa 15%.
(27) I. Ghersi, Ricettario IndustrialeÖ,
Milano, 1915, p. 171, p. 177; Prodotti e procedimenti nuovi nelle industrie.
Materiali naturali e artificiali, succedanei, surrogati, imitazioni, Milano,
1916, pp. 284-85.
(28) "Cemento bianco", in
ll Cemento, 1907, luglio, n. 7, p. 110.
(29) Ossido di silice 26%,
ossido di calcio 66%, allumina 6,6%, ossido di ferro 0,4%, ossido di magnesio
e alcali diversi 1%, con l'aggiunta del 2% di gesso.
Index
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