"Stucchi"
neogotici col Portland bianco. L'oratorio Pesenti in Montecchio (Alzano
Lombardo)
Mariangela Carlessi
Materiali e tecniche del conglomerato
artificiale nel "rivestimento" dell'Oratorio Pesenti
Proprio sull'onda delle richieste
del mercato dei "manufatti artistici in cemento" le qualità del
bianco dei Pesenti vengono adeguatamente reclamizzate: per le caratteristiche
di regolarità di tinta, per la finezza di macinazione (residuo del
2% sullo staccio di 900 magli per cmq e dal 15 al 20% su quello da 4900
maglie), per la costanza di volume e l'assenza di crepolature (entrambi
aspetti fondamentali nell'esecuzione dei getti). La sua presa è
compresa dalle 3 ore (inizio) alle 6 ore (presa totale), e l'impasto consigliato,
per "malta normale 1:3" avviene con il 10% d'acqua. Nell'enunciare le i
pregi e le potenzialità applicative del prodotto, Zamboni ricorre
agli slogan già largamente in uso: "mescolato a sabbie bianche e
fine (sabbie silicee) può servire a fare degli intonachi, delle
copertine belle e lucenti come il marmo"; con tale cemento si possono realizzare
"tutte le pietre artificiali: con esso si ricostruiscono, per così
dire, i calcari stessi, con le identiche tinte naturali, e con forme utili
di cornici, di balaustre di bordi ecc., che offrono la vaghezza e la solidità
delle pietre da taglio". Le modalità di realizzazione delle decorazioni
in "marmo e pietra artificiale" sono ampiamente divulgate dalla manualistica
e dalle riviste tecniche, che restituiscono la cronaca di continui esperimenti
di materiali e nuove ricette per il dosaggio degli impasti, procedure per
l'ottenimento degli stampi e loro preparazione, metodi di pigmentazione
o colorazione, modalità di getto ed assemblaggio, attrezzature ed
utensili per la finitura. Aspetti che, pur rispondenti ad una cultura in
rapida diffusione, presuppongono sempre scelte, competenze e abilità
esecutive peculiari, ancora artigianali, comunque specifiche per ogni caso
(30).
In assenza di informazioni dirette
sulla realizzazione dell'oratorio, solo l'osservazione e l'apporto analitico
aiutano a comprendere le caratteristiche dei materiali e le modalità
del loro uso. Un piccolo ausilio è anche offerto dal commento, apparso
ancora una volta su Il Cemento, di una cappella funeraria di carattere
gotico realizzata nel cimitero di Swenz (31) : essa, assunta a dimostrazione
della "capacità della pietra artificiale di soddisfare alle esigenze
estetiche", possiede un'ornamentazione assai semplificata rispetto a quella
di cui ci occupiamo, pur presentando forse simili problemi in fase esecutiva.
È possibile così conoscere che per gli elementi meno elaborati
si è ricorsi alle più economiche forme di legno, eseguite
da falegnami specialisti su disegni particolareggiati; nel caso di elementi
ornamentali il getto è eseguito in stampi di gesso (con modelli
in parte in gesso e in argilla, realizzati da modellatori su disegni in
grande scala), mentre per gli oggetti più complicati, con sottosquadro
o a tuttotondo, si sono utilizzati stampi di colla (su modello in creta,
e la cui preparazione risulta alquanto laboriosa). In quest'ultimo caso
l'impasto è assai liquido, con un rapporto cemento-sabbia di 1:
1 _ (nonostante la complessità degli ornati lo stampo, accuratamente
realizzato, fu riutilizzato per tutti i pezzi).
L'individuazione dei giunti, riportata
negli schemi grafici allegati, è un primo modo per isolare e riconoscere
le "tipologie" degli elementi: per ipotizzarne la tecnica e le modalità
d'assemblaggio, oltre che per verificare in quale misura il disegno architettonico
e la distribuzione dell'apparato ornamentale siano o meno svincolati da
quello che guida il montaggio dei pezzi; quella della "pietra artificiale"
è infatti, va ricordato, una tecnica "da formatore e non da scultore"
(32).
Gli elementi più semplici
sono riconducibili al tipo della "lastra" o del "pannello", come quelli
che compongono i vari livelli del basamento dell'edificio: le lastre dei
fianchi (larghe 1 m. circa in blocco unico, col piano via via arretrato
verso l'alto, di spessore 6 cm nel punto più sottile), quelle del
fronte (fra cui i pannelli con le croci ai lati dell'ingresso e quelle
che piegandosi abbracciano l'intero piede del pinnacolo) e le partizioni
orizzontali e verticali dei fianchi e del retro (dal presumibile spessore
di una decina di centimetri).
Si tratta di elementi modulari e
lineari, generalmente complanari o con lievi risalti, ma in questo gruppo
possono anche essere incluse le cornici mistilinee degli oculi circolari
(giuntate secondo direttrici radiali), quelle orizzontali modanate che
concludono i diversi ordini dell'edificio e il corrimano della balaustra.
Oltre ai pannelli "pieni" ricorrono differenti elementi "a traforo", anch'essi
modulari e la cui realizzazione non deve aver comportato grandi difficoltà:
si tratta della teoria di redents (archetti pensili trilobati) appesi all'arco
in facciata (nel cui intradosso sono visibili scanalature a cavallo dei
giunti, forse destinate ad ulteriori elementi di ancoraggio) e di quelli
dell'ingresso, dei pannelli della balaustra "a vento" (parzialmente "tamponati"
alla base, forse per ragioni di stabilità) e degli archetti pensili
ciechi sugli altri lati. Per tutti questi elementi, probabilmente armati
e ancorati alla muratura retrostante, gli stampi potrebbero essere stati
realizzati in legno o gesso.
I diversi "pezzi" che compongono
l'arco carenato, le colonne e la modanatura dello strombo del portale,
i blocchi sovrapposti che formano i pinnacoli e le guglie, gli ornamenti
isolati (come le pigne sopra gli oculi) e le "figure" sono invece gli elementi
più complessi, per le dimensioni e gli spessori o per l'arditezza
di taluni dettagli (l'attacco del fiorone alla guglia), per l'infittirsi
e la complessità dei sottosquadro dovuti alla resa naturalistica
degli ornati. I pinnacoli laterali sono evidentemente composti da blocchi
sovrapposti, forse sagome ad L o comunque con due soli lati modellati nella
parte addossata alla base dell'edificio, e progressivamente a tuttotondo
salendo verso la guglia; essi, per le loro dimensioni, presentano con ogni
probabilità un corpo interno di conglomerato più grossolano,
e sono forse gettati in opera. Il primo di essi, sorta di "dado", sembra
impostarsi sopra il livello inferiore del basamento e costituisce la base
su cui si imposta il primo ordine del pinnacolo, scavato dalla nicchia.
Quest'ultimo è composto da cinque blocchi dell'altezza di circa
140 cm l'uno, di cui soltanto i tre superiori presentano un'ornamentazione
elaborata: nel baldacchino (il cui tratto terminale fa però corpo
a sé), nei grandi gattoni angolari e in quelli più piccoli,
appesi ai lati dell'archetto moresco, ed è spontaneo immaginare
che tali dettagli contengano salde armature di collegamento al corpo prismatico
dei blocchi. La parte svettante della guglia è composta da altri
due elementi che vanno assottigliandosi verso il fiorone: della presenza
dell'armatura qui non v'è dubbio, per evidenti ragioni di stabilità
e come restituisce una fotografia scattata durante i lavori del 1995 in
cui è visibile, per il distacco di un grosso frammento della piramide
terminale dovuto alla corrosione del ferro, la presenza di un tondino in
ferro sul quale sono "inanellati" i differenti pezzi, compreso il fiorone
terminale. Dato il diametro rilevante del tondino rispetto a quello complessivo
del sottile tratto di raccordo tra guglia e fiorone, è facile dedurre
l'esiguo spessore dello strato copriferro, e perciò spiegare le
condizioni di rischio legate alla ossidazione del metallo.
Le figure ospitate nella nicchia
sono evidentemente il frutto di getti separati: dal basso, al piedistallo
segue la colonnina, il piccolo telamone inginocchiato, il disco modanato,
il padre della chiesa (foggiato su due modelli differenti); tali elementi
sono assicurati al pinnacolo solo da un perno all'altezza della schiena
del telamone, e sono verosimilmente legati verticalmente fra loro. I giunti
radiali denunciano l'assemblaggio di elementi modulari anche nel grande
arco in facciata: la fascia intermedia a torchon è composta da sei
pezzi di cui i due all'imposta più lunghi; sembra indipendente da
questa la cornice superiore che ospita crochets (foglie rampanti) di varia
foggia e dimensione, in rilievo e a tutto tondo: i primi due tratti a partire
dall'imposta presentano i giunti sulla stessa direttrice di quelli della
fascia sottostante, mentre il blocco centrale, con il "pignon", è
un pezzo unico su cui si sovrappongono, probabilmente anch'essi inanellati
ad un'anima centrale in ferro, i differenti e complicati elementi ornamentali
(la sequenza delle tre corone di foglie simboleggianti il triregno separate
da brevi tratti cilindrici tortili e la pigna, simbolo di fertilità).
Anche per l'arco stesso in calcestruzzo (più basso e di luce inferiore
rispetto alla volta interna), è ovvio pensare ad un'armatura interna
e ad un ancoraggio saldo alla parete verticale, poiché oltre al
peso delle proprie ornamentazioni esso deve in parte sopportare gli elementi
della fascia superiore, il "pignon" e la finta "galleria" (quest'ultima,
che rivela giunti solo nel tratto terminale degli archetti ciechi, forse
gettata in opera). Sui fianchi i giunti verticali delle pigne a tuttotondo
(probabile punto di assemblaggio degli stampi) seguono una linea parallela
alla parete per risultare meno visibili, e sul retro le piccole guglie
angolari, concluse dal fiorone, appaiono costituite da un solo elemento,
forse comprendente anche le sottili piramidi isolate sormontanti l'arco
moresco.
Per la realizzazione degli ornati
più complessi e dei blocchi stessi cui talvolta appartengono (capitelli
con fogliame e frutti, fioroni, corone e pigne, i pezzi con il baldacchino
o con i gattoni angolari) sono certo occorsi stampi adeguatamente confezionati,
scomponibili in più pezzi e possibilmente riutilizzabili, quali
quelli in gesso o colla consigliati per lavori finissimi, in grado di riprodurre
non solo gli intricati ornati naturalistici ma anche taluni dettagli quasi
impercettibili, come la sequenza di piccoli fori che talvolta segnano l'andamento
delle volute delle foglie. Certo l'uso dell'armatura in ferro deve essere
stata abbondante, a giudicare dai limitati tratti di ferri, peraltro molto
in superficie, oggi scoperti negli elementi a getto.
La necessità di assecondare
forme così sottili e intagli fitti deve aver imposto un conglomerato
alquanto fluido, almeno nello strato esterno, con elevata percentuale di
legante e aggregato fine. Ad un'osservazione macroscopica si possono distinguere
alcune tipologie d'impasto: il più diffuso è quello che costituisce
la quasi totalità dell'ornamentazione, di colore bianco, nel quale
non emerge che a difficoltà la distinzione tra impasto legante e
graniglia (piccoli frammenti di pietra bianca frantumata artificialmente),
e con cavità circolari assai diffuse in superficie e nell'interno
riconducibili alla costipazione del getto. L'impasto dei telamoni e dei
padri della Chiesa si distingue nettamente per la presenza diffusa di graniglia
anche di colore scuro; in questo caso la maggiore granulometria dell'aggregato
è forse alla base della loro minore definizione formale. Sono anche
qui visibili irregolarità e cavità superficiali, mentre sul
panneggio del telamone si leggono ancora tracce di una scialbatura rossastra.
Nelle specchiature piane che contraddistinguono lo sfondato della facciata,
i fronti e il retro, è stato invece utilizzato l'intonaco: la malta
è qui assai differente, per il colore nocciola chiaro del legante
e forse dell'aggregato più fine, sul quale spicca la graniglia bianca.
Mentre alla dolomia di Zandobbio
riscontrata nei campioni prelevati si deve l'aspetto lievemente "brillante"
delle superfici, l'articolazione chiaroscurale è affidata alle differenti
gamme di rifinitura, la cui accuratezza emerge chiaramente nelle ore in
cui la luce cade radente. Lo "spuntato" più grosso (simile ai solchi
prodotti dal ferrotondo) caratterizza il livello inferiore del basamento,
ed una varietà più fine gli sfondati delle nicchie dei pinnacoli,
quello dei pannelli con le croci, delle cornici degli oculi, le "lesene"
del fronte e le basi dello strombo dell'ingresso. La finitura a martellina
distingue i livelli superiori del basamento ed una più lieve le
varie cornici, le lastre verticali e le parti in risalto dei pannelli degli
oculi. Una rigatura ancor più sottile segna le superfici delle colonne,
le cornici esterne della nicchia e l'intonaco, quest'ultimo forse rifinito
con semplici "spazzole" ancora umido, prima di realizzare i finti giunti.
Sono forse privi di una particolare rifinitura solo gli elementi dall'aspetto
più "rustico": soprattutto le figure in graniglia bianca e nera
le varie colonne più piccole, dalla superficie in molti punti irregolare
e scabra. È possibile che talune lavorazioni come lo spuntato grosso
e quello fine possano essere state previste già nello stampo, per
ragioni di economia e rapidità, ma la continuità dei solchi
della martellinatura tra lastre e blocchi accostati e l'incisività
differenziata degli stessi nei vari elementi lascia altrove presupporre
una rifinitura avvenuta ad indurimento almeno parzialmente compiuto.
Note
(30) Per l'oratorio Pesenti
si devono presumere maestranze esperte, peraltro presenti in ditte specializzate
in Bergamo, quali la celebre ditta dell'ing. Ghilardi, la Paleni Ernesto
(per cui Muzio disegnò la casa liberty vicino alla stazione di Bergamo),
Soldini & C., Luigi Villa, ed altre.
(31) "Le pietre artificiali nell'architettura",
in Il Cemento, n. 1, gennaio, 1908, pp. 17-18.
(32) P. Rockwell, Lavorare
la pietra, Roma, 1989, p. 70.
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