GIOVANNI CURIONI
Tecniche esecutive per decorazioni plastiche in malta di gesso, calce e polvere di marmo
In: Giovanni Curioni, L'arte di fabbricare, ossia corso completo di istituzioni teorico-pratiche, Torino, Negro 1864, vol. II, pp. 483-485.

Dovendosi fare degli ornamenti molto rilevati sui muri, sulle volte o sui soffitti, ove si deve eseguire il lavoro si fissano dei chiodi, con un pennello si bagna la superficie da stuccarsi procurando di lasciare asciutti i detti chiodi, ed il più presto possibile si copre il tutto mediante malta ben manipolata di calcina e sabbia fina mescolate con gesso polverizzato, dando alla superficie dello strato di malta bastarda così messa in opera la forma che grossolanamente corrisponde a quella dell'opera che si vuolsi eseguire. Fatto questo si prende una certa quantità di malta comune, si mette in una conchetta e si forma una specie di vassoio bastamente grande da contenere un volume doppio di malta di gesso. Riempito d'acqua questo bacino artificiale, vi si getta gesso con la mano finché abbia assorbita l'acqua, e poi s'impastano assieme tutte le materie per impiegarle il più prontamente che sia possibile, impiegando a tal uopo cazzuole di diverse grandezze o spatole secondo la natura del lavora da eseguirsi. A questo secondo strato dell'intonaco se ne sovrappone un terzo diminuendo la dose del gesso e poi un quarto pel quale s'impiegherà una malta bastarda contenente appena una parte di gesso e tre di malta. Finché l'intonaco è ancora fresco, gli si danno le forme principali e queste si refilano con spatole curve o con raspe, usando di appositi compassi se pure trattasi di lavori che devono presentare precisamente dimensioni assegnate e di far risultare oggetti simmetrici. L'abbozzo così preparato si lascia asciugare e poi si ricopre dello stucco propriamente detto quale è generalmente un impasto in parti uguali di polvere di marmo a grana finissima e di calcina spenta ben bianca, stacciata o macerata sopra nel modo seguito per macinare i colori e lasciata riposare per quattro o cinque mesi onde facilitare la sua dissoluzione. Lo stucco va apparecchiato a misura del bisogno, e per metterlo in opera si comincia dal bagnare bene l'abbozzo finché non assorbisce più acqua, poi si stempera un poco di questa pasta in un vaso per fare una specie di tintura densa che si applica con il pennello, e quindi subito si distende uno strato di succo denso facendo uso di una spatola. A misura che questo strato di stucco incomincia ad asciugare, lo si liscia con un raschiatoio di acciaio, con pannolini bagnati un poí rozzi ed avvolti ad un dito, avendo cura di rendere ben netti gli spigoli, ed anche col dito nudo quando trattasi di fare lavori presentanti tale morbidezza e tal grado di finezza che né raschiatoio né spatola potrebbero procurare.
Per i lavori in stucco i quali devono avere poco aggetto nella parete murale, è inutile fare l'abbozzo con malta bastarda, e basta generalmente picchiettare il fondo, di bagnarlo bene e di distendere dopo lo stucco in uno strato alto circa metri 0,005 conguagliandolo prima col dosso della cazzuola e quindi fregandolo e lisciandolo con un pannolino rozzo e bagnato onde togliere tutte le tracce lasciate dal passaggio della cazzuola. In questa guisa si fanno gli stucchi sulle superficie lisce dei muri e delle volte, e, volendo far risaltare degli ornati su queste superficie, si segnano i loro contorni con carbone, si piantano dei chiodetti a larga capocchia ove si trovano aggetti un poí forti e quindi si termina l'opera con istucco denso che si modellerà e si liscerà col raschiatoio o col dito avendo l'avvertenza di bagnarlo di tanto in tanto onde impedire una troppa rapida lapidificazione.
Per le opere d'architettura, come modanature, cornici, colonne, pilastri, cassettoni ed altri cosimili oggetti, si preparano in muramento le grandi masse e su queste si fa lo sbozzo con malta bastarda come sopra venne indicato: è solamente nella formazione degli ultimi strati che devesi impiegare stucco più liquido e più grasso di quello che conviene per ornati; e sembra utile la pratica di molti stuccatori i quali compongono lo stucco con due parti di calcina ed una di polvere di marmo.

Cfr. C. Arcolao, Le ricette del restauro. Malte, intonaci, stucchi dal XV al XIX secolo, Venezia, Marsilio 1998, pp. 101 -102.
 

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