STEFANO
F. MUSSO
Lo stucco in architettura. Tra
"simulazione" e"nascondimento"
in: Lo Stucco. Cultura, tecnologia,
conoscenza. Atti del Convegno di Studi, Bressanone 10-13 Luglio 2001
pp. 27-36
Le azioni tecniche e le intenzioni
Sui diversi oggetti e sui loro materiali,
infatti, per conseguire i risultati attesi, lo stucco è stato utilizzato
secondo modi e con fasi di lavorazione che potrebbero, in prima approssimazione,
essere ricondotte ad alcune azioni fondamentali: spalmare o stendere, stratificare
e sovrapporre, plasmare e modellare, stilare e costipareÖConsistenza, caratteri
tecnologici e forme dell'apparire dello stucco sono sempre stati governati
e diretti, in ogni caso, dagli scopi che l'operatore intendeva raggiungere,
ovvero dalle intenzioni che imponevano o favorivano il ricorso a questo
materiale e alle sue diverse versioni (in connessione con il tipo di oggetto
e i suoi materiali e in relazione con le azioni tecniche richiamate).
Vi sono intenzioni legate all'immediata
soluzione pragmatica di un problema tecnico, quali sono ad esempio: l'incollare
tra loro frammenti o parti diversi (in un mobile, in un infisso, in un
manufatto lapideo); l'inserire e rendere solidale un elemento entro un
manufatto di diversa natura (un perno, un'anima, un'armaturaÖ); il chiudere,
riempire, costipare o sigillare vuoti di diversa consistenza e origine
(i giunti tra i pannelli di un mobile, quelli tra le pietre o i mattoni
di un muro, o ancora, le connessure tra i pezzi di una balaustraÖ); il
coprire e preparare un manufatto per ulteriori lavorazioni (una tavola
da dipingere, una parasta da "incrostare" di finti marmiÖ).
Altre intenzioni sono invece legate
ai fini ultimi di un complesso intervento che può tendere a: riparare,
risanare, aggiustare, consolidare, proteggere o rivestire un manufatto
o una parte architettonica. In altri casi lo stucco si presta invece a:
nascondere (la vera struttura di un muroÖ), simulare, imitare o alludere
(a un materiale, un oggetto, una formaÖ), copiare o riprodurre (un elemento
perduto o rotto), riprendere e continuare (un dettaglio incompiuto o deteriorato,
ma anche una decorazione preesistente).
Giorgio Vasari, al proposito, ricorda
ad esempio come:
"Solevano gl'antichi, nel volere
fare volte o incrostature o porte o finestre o altri ornamenti di stucchi
bianchi, fare l'ossa di sotto di muraglia che sia o di mattoni cotti overo
di tufi, cioè sassi che siano dolci e si possino tagliare con facilità;
e di questi murando facevano l'ossa di sotto, dandoli o forma di cornice
o di figure o di quello che fare volevano, tagliando de' mattoni o delle
pietre, le quali hanno a essere murate con la calce". (da: G. Vasari, Le
viteÖ, cap. XIII, pag. 107).
Molti altri possono tuttavia essere
i termini, evocativi, tecnici o díuso comune e diffuso, utilizzati e utilizzabili
per descrivere i motivi e i fini per i quali lo stucco è stato utilizzato,
a riprova della sua versatilità e diffusione, nel corso della storia,
quasi in ogni luogo e presso ogni civiltà.
Forse anche per questo, un'estrema
incertezza accompagna da sempre il generico termine "stucco", con il corrispondente
predicato "stuccare", e le cose non divengono più semplici, se anche
concentriamo líattenzione sugli utilizzi dello stucco più legati
allíarchitettonica, anziché sui suoi molteplici impieghi in molti
settori artigianali e produttivi. Con i limiti che ogni esemplificazione
comporta e con provvisoria intenzionalità, possiamo allora individuare
alcuni risultati che lo stucco ha consentito di raggiungere, nella realizzazione
di nuove architetture o nella modifica di edifici esistenti, come contributo
allíindividuazione dei problemi che la conservazione e di tali manufatti
pone oggi a tutti noi.
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