Gli
stucchi di Palazzo Spinola Pessagno a Genova. Un caso peculiare del rapporto
tra stucco e ambiente. Analisi dei componenti e dei processi di trasformazione
Cristina Pastor - Comune di Genova
Settore Centro Storico
Roberto Ricci - Istituto
di Storia della Cultura Materiale
Stella Boj e Giacomo Causa - Boj
Restauri
Il presente saggio, già edito
in "Lo Stucco. Cultura, tecnologia, conoscenza", Atti del Convegno di Studi,
Bressanone 10-13 Luglio 2001, Venezia, Arcadia Ricerche 2001, è
stato gentilmente reso disponibile per il sito plasterarc.net dagli autori,
su richiesta del comitato scientifico.
Abstract
Spinola Pessagno Palace was built
in the XVI century in the old city of Genoa., Luccoli ward. The plasters
on the front of the palace are very interesting on account of their architectural
composition, their restoring in the XIX century, their processes of transformation
and a natural damage, specially comparing it with other similar buildings
of the same age, like Podestà Palace in Garibaldi Street and Imperial
Palace in Campetto. Chemical and physical analysis were done to know the
processes of natural damage. At last there is are reflections on restoring.
Significato dello stucco in alcune
facciate genovesi
L'interesse suscitato dagli stucchi
di Palazzo Spinola Pessagno è di varia natura, in quanto ci permette
di esaminare una soluzione del tutto singolare da un punto di vista compositivo
di una facciata a stucco, di analizzare l'opera nelle sue fasi di
realizzazione del XVI secolo e restauro ottocentesco, di approfondire i
processi di trasformazione e degrado, di valutare proposte ed esperienze
di interventi attuali. Lo stucco è un'importante testimonianza non
solo di un'epoca, come quella del barocco, dove raggiunge l'apoteosi, e
della sua espressione artistica, ma anche del fare artigianale.
Il restauro dell'opera in oggetto
è un'occasione per il recupero del sapere antico che ci viene trasmesso
non solo dalla storia iconografica e descrittiva, ma anche attraverso il
diretto contatto con la materia, risultanza di fasi di lavorazione da rileggere
e reinterpretare. La scelta di condurre le indagini su un apparato decorativo
come quello di Palazzo Spinola Pessagno (1), voluto da Luca Negrone e realizzato
dopo il 1574 dallo stuccatore Andrea Da Corona, su disegno del Bergamasco,
secondo l'attribuzione dell'Alizeri (2) o di Andrea Semino, secondo le
ipotesi del Ratti, permette di ricostruire i diversi percorsi progettuali
nella conservazione dei manufatti a stucco.
La tipologia dello stucco, inconsueta
per Genova, ma diffusa nel manierismo maturo, per esempio a Roma, o con
tecniche decorative riservate agli interni, secondo un repertorio di elementi
all'antica tipico del gusto del tardo cinquecento, è presente nell'ambito
genovese in tre casi che hanno analogie fra di loro, quello di Palazzo
Lomellino Podestà in via Garibaldi, Palazzo Imperiale a Campetto
e l'edificio in oggetto Palazzo Spinola Pessagno nell'area di Luccoli (3).
Genova per tradizione è conosciuta
per le sue facciate dipinte "Genua Picta" e non per il filone tipologico
delle facciate plasticamente decorate "Genua Ficta" (4). La funzione assolta
da entrambe, oltre ad essere espressione artistica di un'epoca, servirà
anche come elemento decorativo per unificare ed aggiornare edifici preesistenti,
e quindi la facciata plastica diventa erede naturale di quella dipinta.
I tre casi citati presentano analogie per i componenti dei partiti decorativi,
fra di loro congruenti e significativi a livello urbano.
Nel secolo XVII non sono certo ignote
le esperienze del barocco romano e quindi l'impiego dello stucco in sostituzione
dei materiali più nobili, come il marmo, ma anche con autonome intenzioni
espressive, non risulta affatto strano. Addirittura in questi edifici la
decorazione a stucco diventa elemento necessario per il completamento decorativo
dei cicli ad affresco. Lo stucco, forse il materiale più povero
dei materiali lapidei, si va a integrare con questi e si completa con decorazioni
policrome di tipo mimetico. Vengono apportate variazioni nella composizione
dello stucco usato per esterni rispetto agli interni; esso viene arricchito
di opportuni addittivi quali pozzolana, coccio pesto, polvere di marmo,
in grado di renderlo resistente all'acqua e agli agenti atmosferici. Inoltre
da un punto di vista espressivo consente un effetto di chiaroscuri e morbidezza
di forme e una riccheza decorativa difficilmente ottenibile con i consueti
rivestimenti in pietra o marmo.
Analizzando la decorazione plastica
dei tre palazzi si evince che: Palazzo Lomellino Podestà presenta
una decorazione plastica attribuita a G. B. Castello (il Bergamasco) con
una soprastante decorazione costituita da erme fregi e quadrature che movimentano
la superficie creando un esempio atipico per Genova. Palazzo Imperiale
a Campetto associa la decorazione plastica a quella ad affresco, con uno
spiccato altorilievo, evidenziando attraverso chiaroscuri l'imponente fronte
convessa. Palazzo Spinola Pessagno presenta un prospetto (5) ornato da
affreschi e plastiche in uno straordinario crescendo verso l'alto, riconducibile
agli esempi delle facciate a stucco citate.
Mettendo a confronto il Palazzo
Spinola Pessagno e Imperiale si rileva la diretta somiglianza delle soluzioni
decorative dell'apparato iconografico delle facciate con un rapporto simbolico
fra stucchi e riquadri dipinti tali da far supporre che la quadratura dei
fronti e degli ovati siano stati desunti dai disegni del Castello o che
l'autore di Palazzo Pessagno gli abbia presi ad esempio.
Analisi dello stato di degrado
della facciata nelle parti di decorazione a stucco
Il progetto di restauro è
stato curato da diversi architetti associati 5+1 e da J. Tabarelli De Fatis
e F. Calderazzi. E' stato seguito con particolare interesse dalla Soprintendenza
ai Beni Architettonici e dal Comune di Genova Settore Centro Storico.
Il prospetto di Palazzo Spinola
Pessagno presenta un piano terra con funzione di basamento a bugnato liscio
di pietra di Finale, con un primo piano con specchiature molto lieve e
un secondo piano dove la ricchezza dello stucco si mescola alle decorazioni
coronate da cornici ad alto rilievo, per poi svilupparsi in una ricca esuberanza
di mascheroni grignanti, di erme e festoni e volute ritmate da una successione
di piccole nicchie ad elementi architettonici classici.
In questo prospetto l'elemento architettonico
viene assimilato all'elemento decorativo senza spogliarsi della sua funzione.
Su quattro piani gli elementi plastici di rilievo, sono concentrati dal
secondo piano all'ultimo mezzanino (6) e gli affreschi quasi scompaiono
soverchiati dalla profusione di cariatidi satiresche, dai festoni, dalle
cornici e dalle cartelle movimentate a forte rilievo.
Lo stato di conservazione dell'apparato
decorativo ad una lettura visiva risulta molto precario, diverse le parti
mancanti, quasi tutti i perni in ferro erano gonfiati creando spaccature
e cavillature del modellato.
Sempre nelle decorazioni in stucco
si presentano consistenti depositi di particellato atmosferico e localmente
da croste nere, specie nelle parti di maggior aggetto, sono inoltre presenti
efflorescenze saline al di sotto delle quali si trovava la malta decoesa,
erosione della superficie, reiterate riprese del colore di finitura. Inoltre
il continuo dilavamento dell'acqua piovana acida ha provocato nel corso
del tempo l'abrasione di ampie zone di superficie, nonché molte
lacune del modellato.
Indagini necessarie per la conoscenza
Oltre ad un rilievo grafico finalizzato
alla mappatura delle zone diversificate a seconda del tipo di degrado è
stata fondamentale un'analisi fotografica attraverso dettagli e macro fotografia
a luce radente e incidente.
E' stata fatta un'indagine stratigrafica
del colore per capire i vari strati del colore presenti e quale fra questi
sembra essere il colore originario. Importanti sono state anchel'indagine
della pellicola pittorica e l'analisi biologiche per l'identificazione
di microrganismi vegetali infestanti. Da non trascurare la ricerca bibliografica
e archivistica, che, oltre a dare informazioni storiche sulla proprietà
e artistiche sull'edificio, è stata rivolta alla conoscenza
di metodi e materiali usati nei precedenti interventi di manutenzione e
restauro.
Diversi sono i proprietari di questo
edificio da Tommaso Spinola a Luca Negrone per poi passare all'ottocento
ai conti Pessagno, che cedettero il palazzo ai marchesi Pallavicino, che
tuttora lo detengono.
E' proprio intorno alla fine del
medesimo secolo che vengono eseguiti lavori di restauro che riguardano
le parti interne ed esterne dell'edificio.
Il recupero di un capitolato d'epoca,
che risale al 31 Ottobre 1894 e firmato dal direttore lavori Ing. G.B.
Ageno, ha permesso di risalire alla descrizione dei lavori fatti, che sono
stati eseguiti dall'impresa Pertica e Riviera.
Interessanti sono le descrizioni
fatte sugli interventi (7) sulla decorazione esterna, con la ricostruzione
delle figure sui fronti delle finestre e di tutti i fregi sulla facciata
e delle sagome intagliate.
Dalle descrizione delle opere non
è stato possibile avere indicazioni sulle malte utilizzate e sulla
loro composizione ed è quindi stato necessario esaminare attraverso
campionature la composizione delle malte.
Analisi delle malte nelle varie
epoche di intervento
Sono state eseguite analisi in diffrazione
ai raggi X sui materiali costituenti gli stucchi di Palazzo Spinola Pessagno,
e confrontate con quelle fatte su Palazzo Lomellino Podestà e Palazzo
Imperiale.
L'analisi ha evidenziato che gli
stucchi originali presentano una composizione con circa il 90% di calcite,
poca sabbia di quarzo e idromagnesite. Invece quelli legati al restauro
della fine dell'ottocento presentano sempre una dominanza di calcite (70%),
ma anche aragonite (12%) e gesso (17%).
Per quanto riguarda Palazzo Lomellino
Podestà è risultato anche qui una presenza preponderante
della calcite con quarzo e magnesite ferrosa come accessori. Qui è
presente anche circa il 2% di gesso, legato a fenomeni di degrado.
Infine Palazzo Imperiale ha dato
risultati identici a quelli di Palazzo Lomellino, tranne che per il gesso.
Quindi in tutti gli stucchi originali il composto fondamentale è
la calce magnesiaca, proveniente dal monte Gazzo e usata abitualmente come
legante nell'industria edile genovese. Solo nei restauri della fine dell'Ottocento
è presente una certa quantità di gesso nello stucco.
Interventi conservativi
Previa rimozione o trattamento antiossidazione
dei perni, tutte le superfici degli stucchi sono state pulite con resine
scambiatrici di ioni e bisturi, e successivamente sono stati eseguiti ripetuti
impacchi con acqua deionizzata, fino alla rimozione completa dei sali solubili.
L'esame della malta, evidenziando
l'assoluta mancanza di cemento, ha consentito il mantenimento delle ricostruzioni
che sono state poi accompagnate cromaticamente, mediante la stesura di
marmorino caricato con gli stessi pigmenti rinvenuti nella cromia originale
(grassello di calce, carbonato di calcio macinato fine e manganense) e
rifiniture sfregando un panno di lana vergine sulla superficie.
Durante la pulitura dei rilievi
è stato evidenziato il bel colore bruno-bronzeo di finitura della
superficie, ottenuto con una terra a base di ferro e manganese, come risultato
delle indagini del pigmento condotte dal Prof. Enrico Franceschi del Dipartimento
di Chimica dell'Università di Genova. Il consolidamento delle parti
in stucco originali, interessate da decoesione della malta, è stato
effettuato imbibendo la materia con acqua di calce. Nel corso dei lavori
sono state riportate a vista, specie nelle zone più aggettanti,
integrazioni plastiche eseguite successivamente, comunque ben condotte
e non arbitrarie. Tutte le lacune del modellato, anche con funzione statica,
sono state ricostruite con malta a base di calce, sabbia di fiume opportunamente
lavata con acqua deionizzata, polvere di marmo, e poi rifinite con marmorino
pigmentato come sopra. La protezione finale della superficie è stata
completata con silicato di potassio (KEIM), compatibile con la calce, con
la tecnica della velatura, rigatino o spuntinato.
Alcune riflessioni in merito all'operare
oggi
Si rileva un'inversione di tendenza
nell'operare nel restauro ritornando a come si operava un tempo, sia nell'uso
di materiali naturali senza prodotti chimici sia con tecniche consolidate
dalla tradizione.
Sicuramente dall'epoca dell'industrializzazione
ad oggi si sono spalancate le porte ad una nuova tecnologia e a nuovi materiali
che per un certo settore dell'edilizia sono stati straordinariamente innovativi,
ma non per il settore del restauro, dove la durata nel tempo dei materiali
non ha confronti temporali con quelli moderni.
Si presentano due fattori sicuramente
negativi a questo proposito che sono le maestranze che non si basano sul
sapere attraverso la tradizione generazionale e la necessità di
lavorazioni molto rapide con tempi di asciugatura ridotti al minimo causati
anche da una crescita progressiva dei costi della mano d'opera. Inoltre
il concetto di manutenzione è completamente trascurato e servirebbe
molto per bloccare sul nascere i processi di degrado. Si aggiungono infine
problemi legati all'inquinamento atmosferico cui i materiali tradizionali
storicizzati non erano certo abituati.
Ma da questo esempio di intervento,
come da altri casi seguiti, si può asserire che ancora oggi servirsi
dei prodotti tradizionali nel restauro ha una sua validità, purché
vi sia una conoscenza approfondita delle caratteristiche di questi materiali
e del tipo di lavorazione che necessitano in una totale apertura a conoscere
il più a fondo possibile il monumento oggetto dell'intervento in
tutti i suoi componenti.
NOTE
(1) Il palazzo edificato su antiche
strutture preesistenti, tra il 1561 ed il 1588, da Tomaso Spinola su progetto
di Giovanni Battista Castello, detto il Bergamasco (A.S.G. notai. F. Tubino.
f.10doc. del 9/4/1558 e del 6/8/1560.).
(2) F. Alizeri, Guida illustrativa
del Cittadino e del Forestiero per la città di Genova e sue adiacenze,
Genova 1875.C.G.Ratti, Delle vite dei pittori, 1766 e 1780.
(3) Un confronto fra questi tre
edifici viene già fatto da L. Muller Profumo, Le pietre parlanti,
Campomorone 1992.
(4) G. Bozzo, Le fronti dell'organismo
architettonico, in Quaderni..Genova 1990Genova QuaderniÖ., 1995, pp.11-34,
per Genoa Ficta, e AA.VV., Genoa Picta, Proposta per la scoperta e il recupero
delle facciate dipinte. Catalogo della mostra, Genova 1982.
(5) L'edificio si trova nel centro
storico genovese nell'area di Luccoli, area di insediamento nobiliare degli
Spinola, in un tessuto edificato e fronteggiato da altri edifici.(L. Grossi
Bianchi-E. Poleggi, Una città portuale del Medio Evo: Genova nei
sec X-XV, Genova 1980.
(6) L'esuberanza decorativa colpisce
in modo particolare perché difficilmente visibile dal basso, dal
piano della strada. E' probabile che al tempo della realizzazione della
facciata gli edifici paralleli al palazzo fossero di altezza minore; in
questo modo era possibile guardare la facciata dai giardini distesi sul
pendio dirimpetto a palazzo Spinola Pessagno.
Le descrizioni delle opere sono
state ricavate dal Manoscritto del 1894 di Palazzo Pallavicino, Salita
Santa Caterina, Casellario e Perizia dei lavori eseguito dall'impresa Pertica
e Rivera a tutto il dicembre 1893. Le descrizioni sono raggruppate per
voci dove quelle che riguardano la facciata sono: al punto "V. Intonachi"
al punto "XII. Marmi" e al punto XIV "Decorazioni interne ed esterne".In
quest'ultimo le descrizioni sono molto specifiche come la voce 103. Restauro
generale alla facciata di tramontana, ossia ricostruzione per intero del
cornicione e di tutti i dadi e fregi della facciata: ricostruzione di tutte
le figure sui fronti delle finestre e delle cariatidi laterali, riparazione
a tutte le sagome intagliate dei frondini e dei pilastri ecc.. O la voce
104. Restauro agli affreschi della stessa facciata sia nei pilastri che
nei parapetti e tinteggiatura generale.
|