o graffito, sgraffio, sgraffiato. Tipo di finitura decorativa eseguita con una punta di ferro detta sgraffio su un intonaco appositamente preparato, definita nella tecnica e ampiamente utilizzata dal XVI sec. (con un significativo recupero delle procedure esecutive e dei motivi decorativi nella seconda metà dell'Ottocento), in particolare per decorare le facciate dei palazzi. Filippo Baldinucci (1681) descrive così il procedimento alla voce sgraffio: "... tutti i dintorni sono tratteggiati con un ferro incavando lo 'ntonaco prima tinto di color nero, e poi coperto di bianco fatto di calcina di travertino; e così con que' tratteggini, levato il bianco, e scoperto il nero rimane una pittura, o disegno che vogliamo dire, co' suoi chiari e scuri, che aiutata con alcuni acquerelli scuretti ha un bel rilievo, e fa bellissima vista". Secondo il Dizionario tecnico (I, 1884), "si eseguisce facendo sul muro un intonaco di sabbia e calce a cui si mescola bruciaticcio di paglia in maggiore o minore quantità, che dà alla malta una tinta nerastra, passando poi sopra questo intonaco un apparecchio di calce stemperata in acqua di colla. Su questo intonaco si spolvera il disegno da eseguirsi, i cui contorni si ripassano con un ferro a punta, che togliendo l'apparecchio superficiale, scoprono l'intonaco nero sottoposto". Per estensione il termine indica ugualmente qualsiasi tecnica in cui si vada a ricercare, graffiando con un utensile appuntito, gli strati di colore posti al di sotto della superficie a vista. |