o colla di caravella, di carnicci, di spicchi, cervione, quadronna. Colla animale ottenuta per ebollizione di pelli e cartilagini di bue, di coniglio, di capra e di altri animali, già nota nell'antico Egitto e certo da considerare l'adesivo più noto e utilizzato nel tempo, in particolare in falegnameria. Attualmente è commercializzata in forma di pastiglie, perle o polvere, che - dopo essere state immerse in acqua per circa ventiquattro ore - si trasformano in una soluzione gelatinosa da impiegare a caldo. Dato che tale colla sembra perdere efficacia se riscaldata più volte, deve essere preparata nella quantità necessaria: tale inconveniente, oltre alla laboriosità della sua preparazione e al suo odore sgradevole, ha portato ad una sua progressiva sostituzione con adesivi sintetici, nonostante le sue proprietà di resistenza, stabilità, reversibilità e non tossicità. Dalla colla forte purificata si ottengono delle gelatine ampiamente impiegate nelle tecniche pittoriche. Per quanto la qualità della colla forte vari decisamente in base agli ingredienti usati, ne è ampiamente documentato l'uso in pittura e nelle tinteggiature (vedi tinteggiatura a colla). Cennino Cennini (fine sec. XIV), che la definisce colla di caravella ovvero di capretta, fornisce una ricetta per la sua preparazione, sottolineandone la versatilità e precisando: "La qual colla è adoperata da' dipintori, da' sellari, da moltissimi maestri... in gessi, in temperar colori, far liuti, tarsie, attaccar legni, fogliame insieme, temperar gessi, far gessi rilevati; e a molte cose è buona". |
note: C. Ordoñez, L. Ordoñez, M. Rotaeche, Il mobile, conservazione e restauro, Firenze 1996. |